DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

11 OTTOBRE 2017
Asta, 0220
107

Ambrogio Nava

Stima
€ 8.000 / 10.000

Ambrogio Nava

(Milano 1791 - Milano 1862)

LE GHIACCIAIE DI VILLA CAGNOLA A INVERIGO

olio su tela, cm 99x74

firmato e datato "1822" in basso a destra

 

Esposizioni

Quadreria 2009. Dalla bizzaria al canone: dipinti tra Seicento e Ottocento, Carlo Virgilio & C., Roma, 23 aprile - 12 giugno 2009, n. 23

 

Bibliografia

F. Giacomini in Quadreria 2009. Dalla bizzaria al canone: dipinti tra Seicento e Ottocento, catalogo della mostra (Carlo Virgilio & C., Roma, 23 aprile - 12 giugno 2009) a cura di G. Capitelli, Roma 2009, pp. 60-61

 

"La tela, firmata e datata 1822, va con ogni probabilità identificata con il dipinto citato nel volume Viaggio pittorico nei monti di Brianza di Federico e Caterina Lose, pubblicato a Milano nel 1823. A corredo delle ventiquattro incisioni dipinte all'acquatinta che costituivano il pregio del volume, i Lose fornivano una serie di notizie "storico-artistiche" di estremo interesse. Nel commentare la veduta della villa Cagnola, i due artisti osservavano infatti: "Fra gli oggetti che somministrano nel territorio d'Inverigo argomento di studio pittorico merita particolarmente d'essere fatta menzione d'una folta macchia d'annose piante che difendono dai raggi solari le ghiacciaie della casa Cagnola, da cui con molto accorgimento trasse partito il sig. conte Ambrogio Nava milanese, pittore dilettante di paesaggio di merito distinto, per la composizione di un quadro che all'esposizione annuale del 1822 formava in quel genere uno dei più belli ornamenti delle sale dell'I.R. Accademia di Brera" (Viaggio pittorico [1823] 1999, p. 137).

Nato nel 1791, Ambrogio Nava fu figura di spicco dell'aristocrazia milanese negli anni del dominio napoleonico e nella successiva fase di dipendenza dall'Austria. Presidente dell'Accademia di Brera nel 1850-54, la sua fama è legata principalmente - oltre all'oltraggio subito dal suo ritratto, realizzato da Hayez, durante l'esposizione del 1852 a Brera) (Hayez 1983, n. 122, p. 250) - alla sua attività di pittore paesaggista e di architetto. A quest'ultimo impegno appartiene la sua opera più nota, ovvero il restauro della guglia maggiore del duomo di Milano, prossima alla demolizione e salvata da Nava, a quel tempo e poi per molti anni amministratore e in seguito architetto del duomo stesso, con un discreto, felice intervento di consolidamento. L'impresa è narrata dall'artista stesso nel volume Relazione dei restauri intrapresi alla gran guglia del duomo di Milano nell'anno 1844 ed ultimati nella primavera del corrente 1845, pubblicato a Milano nel 1845, a cui seguì qualche anno più tardi una nuova pubblicazione, Memorie e documenti storici intorno alle origini, vicende e riti del Duomo di Milano (1854), che attesta invece l'interesse di Nava per studi di tipo storico-architettonico sulla Fabbrica milanese. L'attività di architetto, che sembra assorbire le sue energie soprattutto negli anni della maturità, annovera inoltre una serie di altri interventi, tutti concentrati in Brianza, luogo a cui l'artista, come del resto buona parte della nobiltà milanese, appare particolarmente legato. A lui si devono la serra (la "Limonaia") della villa di famiglia costruita attorno al 1820 da Luigi Canonica, a Monticello; il campanile della chiesa parrocchiale della Purificazione di Maria Vergine nel paesino di Torrevilla, presso Monticello; il progetto per gli apparati decorativi della tardosettecentesca chiesa parrocchiale di Santa Margherita ad Albese-Cassano (1860-62); infine, il completamento delle fabbriche lasciate incompiute dal marchese architetto Luigi Cagnola: la cappella dei Santi Gervasio e Protasio a Tregasio-Triuggio, nota come il "Pantheon della Brianza" (1842), e la villa di Inverigo, a sua volta caratterizzata dalla cupola che copre l'imponente massa del salone, per questo soprannominata "La Rotonda" (Ronzoni 2003, pp. 97-107).

E' proprio questo inconfondibile edificio a comparire sullo sfondo del dipinto qui esposto: adagiato sulla sommità di una collina, il severo quadrilatero voltato a cupola costituiva il punto focale del complesso architettonico iniziato da Luigi Cagnola nel 1813 come propria residenza privata. Ricordato anche da Stendhal nel suo Journal du voyage dans la Brianza (1818), l'edificio vantava un eccezionale panorama su quel luogo di delizie e di impareggiabile bellezza che era allora la Brianza e si caratterizza tuttora per la retorica monumentalità, inconsueta da quelle parti, oltre che per l'eclettismo dei modelli estetici presi a riferimento da Cagnola.

Diversi anni dopo la realizzazione di questo dipinto, nel 1834, un anno esatto dopo la morte del marchese-architetto, Nava ne avrebbe sposato la vedova, Francesca d'Adda, venendo dunque di fatto in possesso della villa, di cui completò la costruzione - comunque già avanzata in tutte le sue parti - con l'aiuto dell'allievo di Cagnola Francesco Peverelli.

Il dipinto rappresenta una delle più significative opere note del Nava pittore: sono stati fino ad ora individuati, infatti, ben pochi dei numerosi paesaggi realizzati da questo nobile che, secondo una moda molto diffusa nell'aristocrazia milanese, si dedicava per diletto alle arti figurative (Le Arti Nobili 1994, pp. 97, 148). Assidua la sua presenza alle mostre annuali di Brera, dove, forte anche di un giovanile soggiorno romano che certo gli consentì di venire a contatto con le molteplici tendenze della pittura di paesaggio, espose con una qualche continuità dal 1812 al 1844 (Gozzoli-Rosci 1975, p. 51, nota 19). Come detto, questo dipinto, insieme ad altri due "paesi a olio", fu presentato nel 1822. Esso si fonda su una declinazione lucidamente descrittiva del tradizionale paesaggio classico, sulla scia di quella linea analitica portata ai più alti esiti da Jakob Philipp Hackert nella seconda metà del Settecento. Gli elementi architettonici - il rustico edificio della ghiacciaia, la villa sul fondo - così come le figurette dei pastori, ancora di chiara ascendenza settecentesca, appaiono dominati dalla mole maestosa, in qualche modo già romantica, dei lecci, esaltati dall'attento gioco delle luci e delle ombre".

 

F. Giacomini in Quadreria 2009. Dalla bizzaria al canone: dipinti tra Seicento e Ottocento, catalogo della mostra (Carlo Virgilio & C., Roma, 23 aprile - 12 giugno 2009) a cura di G. Capitelli, Roma 2009, pp. 60-61