CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

28 SETTEMBRE 2017
Asta, 0219
13

Ruggero Panerai

Stima
€ 150.000 / 200.000

Ruggero Panerai

(Firenze 1862 - Parigi 1923)

RITORNO DALLE CORSE ALLE CASCINE

olio su tela, cm 142x202

firmato e datato "1885" in basso a sinistra

 

Provenienza

Collezione privata

 

Esposizioni

Fattori e il Naturalismo in Toscana, Villa Bardini, Firenze, 19 marzo - 22 giugno 2008, n. 34

 

Bibliografia

Fattori e il Naturalismo in Toscana, catalogo della mostra (Villa Bardini, Firenze, 19 marzo - 22 giugno 2008) a cura di F. Dini, Firenze 2008, pp. 126-129 n. 34

 

Dopo essersi già cimentato in altri soggetti di vita cittadina contemporanea, Panerai dipinse nel 1885 questo bellissimo Ritorno dalle corse alle Cascine. Si tratta di un' 'istantanea' del parco nuova, decisamente impressionistica, di cui è protagonista un'umanità aggiornata alla realtà francese anche nell'abbigliamento e che è ben lontana dall'immagine quieta di una tradizionale scampagnata della borghesia fiorentina, tanto limpidamente espressa vent'anni prima nell'ottica positivista della 'macchia' dal quadro di Michele Tedesco Una ricreazione al parco delle Cascine.

 

"Frequentatore assiduo di corse al galoppo, al trotto" nonché "a piedi e in velocipede", ed eccentrico "ciclista arrabbiato", attività agonistiche che a Firenze si svolgevano allora proprio nel grande parco delle Cascine prossimo alla città, sede dell'ippodromo ma anche del "Club velocipedistico", giovanotto à la page, dunque, in una Firenze fine secolo dove ancora si respirava l'aria della capitale e che alla recente rivoluzione urbanistica doveva un aggiornamento repentino sulle 'follie' mondane della modernità, Panerai sembra aver in mente la Parigi rutilante descritta nel 1875 da Fattori, tutta divertimento e "Caffè Schantàs - Illuminati a giorno con lampioncini, a bombolliere" (cfr. lettera del 3 maggio 1875 ai cognati, in Lettere dei macchiaioli, a cura di L. Vitali, Torino, 1953, pp. 37-38) dalla quale tuttavia il livornese non aveva riportato allora particolari suggestioni pittoriche. Per il giovane allievo, invece, Parigi è anche la città dell'arte moderna, quella di cui parlava Diego Martelli ai compagni fiorentini; la città di De Nittis, di Zandomeneghi e di Boldini. Nella sua immagine delle Cascine, dunque, egli ribalta in primo piano l'impostazione orizzontale del quadro di Tedesco, mostrando di aderire a una visibilità nuova, di tipo fotografico, già sperimentata da Signorini, nelle sue vedute di strade cittadine (Leith, del 1881, per rimanere in un ambito di gusto internazionale) e dallo stesso Fattori (basti pensare alla visione 'a cannocchiale' del Viale Principe Amedeo, 1880-81), ma ne esalta il significato grazie alle dimensioni e accentua la sensazione di moderna precarietà per via di uno scorcio ardito, reso più dinamico dalla pittura veloce, a tratti corsiva, e da spiccate sintesi grafiche. Punto di riferimento di Panerai sembrano essere il De Nittis parigino di La Signora col cane (Ritorno dalle corse), del 1878; o ancora il Degas di Le défilé - Chevaux de course devant les tribunes e di Aux courses en province, del 1866- 1869, che tanto avevano colpito anche Luigi Gioli nel suo Via del passeggio a Livorno, dipinto proprio nel 1885.

Di Gioli sappiamo che fu a Parigi con il fratello e con Fattori già nel '75, e poi ancora nel '78, ma le citazioni tanto puntuali di Panerai (l'uomo con la tuba e le mani dietro la schiena sulla destra, o il landau fra la folla), del quale non è noto, al tempo, alcun viaggio nella capitale francese lasciano supporre da parte sua una conoscenza diretta almeno di stampe o riproduzioni, mediata forse da Gioli stesso; oppure da Martelli e dal referente macchiaiolo nella capitale francese, Zandomeneghi, le cui signorine graziosamente à la mode (Violettes d'hiver del 1879) il giovane artista sembra aver apprezzato nella figura in primo piano con accollato soprabito scuro e cappellino col fiocco, o nel molto simile Ritratto di signora con cappello nero, esemplari di quella umanità frivola e garbata che popolava il parco cittadino in tutte le stagioni, ma soprattutto "ne' tiepidi pomeriggi d'inverno, quando il sole innonda il viale della Regina, mette degli sprazzi d'oro sul fogliame smeraldino delle spalliere di bossolo e tanta luce d'amore nei begli occhi delle donne fiorentine".

R. Campana in Fattori e il Naturalismo in Toscana, Firenze 2008, pp. 126-128

 

Il Parco delle Cascine con i suoi 118 ettari è il più vasto parco pubblico di Firenze. La sua storia è da sempre legata a quella della città: dai Medici ai Lorena, al Regno d'Italia fino ai giorni nostri. Le Cascine facevano parte delle proprietà che Alessandro e Cosimo I dei Medici acquistarono per utilizzarle come bandita di caccia e per l'allevamento dei bovini. Il toponimo "cascina" sta, infatti, a significare "il cerchio di faggio dove si preme il latte rappreso per fare il cacio". Con l'estinzione della famiglia dei Medici nel 1737 ed il passaggio al granducato dei Lorena, le Cascine accentuarono il loro ruolo di svago per le passeggiate e le feste. Nel 1786 Giuseppe Manetti inizia i lavori di sistemazione delle Cascine per farne un grande parco, arricchito da arredi e architetture secondo un percorso simbolico e allusivo. Aperte al pubblico solo in particolari ricorrenze fin dal XVII secolo, fu nel breve periodo napoleonico, sotto Elisa Baciocchi, che le Cascine diventarono un vero parco pubblico.

Dal 1865 l'amministrazione comunale di Firenze dedica grande interesse al Parco delle Cascine di cui da poco è entrata in possesso: nonostante le trasformazioni apportate tra la fine del Settecento e i primi decenni dell'800, la grande area difatti manteneva le caratteristiche di una grande azienda agricola, e in quanto tale necessitava urgentemente un adeguamento alla sua nuova funzione di parco pubblico cittadino. Dopo un iniziale progetto affidato al paesaggista francese George Aumont, fu Giuseppe Poggi ad occuparsi della riqualificazione dei vialetti pedonali e dei percorsi carrozzabili verso l'Arno.