Dipinti e sculture antiche

16 MAGGIO 2017

Dipinti e sculture antiche

Asta, 0203
FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 15:30
Esposizione
FIRENZE
12-15 Maggio 2017
orario 10-13 / 14–19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   1500 € - 80000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 80
2

λ

Giulio Carpioni

(Venezia 1613 - Vicenza 1678)

LA TRINITÀ CELESTE E LA TRINITÀ TERRENA

olio su tela, cm 81x76

 

Bibliografia di riferimento

G. M. Pilo, Giulio Carpioni: tutta la pittura, Venezia, 1961

 

In occasione della grande mostra sulla pittura veneta del Seicento diretta da Zampetti nel 1959, ove figuravano ben sedici opere del Carpioni, Morassi scriveva: "Il Carpioni è un pittore che va meditato, ed il cui rilievo nella storia dell'arte veneta è destinato a crescere".

A distanza di oltre mezzo secolo, possiamo affermare che Giulio Carpioni è una presenza forte, chiara e originale della pittura italiana del Seicento, anche se nel frattempo gli studi sull’artista non sono stati numerosi e anche sul mercato non si sono viste opere di sicura attribuzione, tuttavia si son fatti più netti i contorni della sua opera e la sua originalità nel contesto della pittura veneta e non solo. In Carpioni sono originalissimi il disegno, le composizioni, la pennellata e la luce, una luce molto tipica, cupa e chiara allo stesso tempo. La sua è una formazione prettamente veneta; allievo del Padovanino, sembra che abbia risentito dell'influenza di Poussin e della cultura romana in occasione di un soggiorno a Roma all’inizio degli anni ’30 del Seicento.

Come sottolinea Giuseppe Maria Pilo nella monografia del 1961 dedicata al pittore, Carpioni fu tenuto in grande considerazione e ammirato dai più grandi pittori del Settecento veneziano: Tiepolo, Longhi e Piazzetta.

Come scrive Pilo “il Carpioni dipinse in grande numero «invenzioni ideali, come sogni, sacrificj, baccanali, trionfi, e balli di puttini» un po’ per tutto il corso della sua vita; e non sempre è facile dare a codesti quadri, spesso di piccole dimensioni, una datazione convincente” (Giulio Carpioni, cit. p. 35). Così anche per questa paletta non è facile azzardare una datazione precisa; tuttavia una proposta intorno al 1650, quando l’artista dipinse a Vicenza numerose opere di soggetto sacro per committenze pubbliche e private, come la Madonna che presenta il Bambino a Sant’Antonio da Padova nella Chiesa di San Lorenzo a Vicenza, sembra essere convincente per collocare la nostra opera.

Il dipinto qui offerto ha come soggetto la Trinità Celeste e quella Terrena riunite, un soggetto raro per il quale è difficile trovare confronti; si tratta di un’opera preziosa per qualità, di dimensioni contenute ma che pare monumentale per l'impianto della composizione.

Al centro del dipinto la Madonna e San Giuseppe presentano il Bambino alla Trinità Celeste; Dio Padre con la sua barba folta e rotonda (quasi una firma di Carpioni) è sostenuto dalle nuvole che sfiorano il suolo a collegare il mondo ultraterreno con quello terrestre e si appoggia insieme a Gesù sulla sfera celeste; sopra di loro, a completare la Trinità, la colomba dello Spirito Santo si staglia su un luminoso sfondo aureo delimitato da teste di cherubini.

A destra della composizione si intravede la base di una colonna, probabile allegoria della Fortezza, mentre a sinistra si apre uno scorcio di paesaggio con un grande albero che arricchisce il dipinto donandogli una dimensione metafisica.

Ecco che ricollegandosi alla citazione iniziale di Morassi possiamo di nuovo affermare che Carpioni è un pittore "che va meditato" e che questo è un dipinto su cui meditare.

 

 

Stima   € 4.000 / 6.000
Aggiudicazione  Registrazione
25

Scultore della fine del sec. XVIII, da Alessandro Rondoni

IL CARDINALE DOMENICO MARIA CORSI

busto in terracotta, cm 65x64

 

Provenienza

Già collezione Corsi

Collezione privata

 

Bibliografia di riferimento

A. Bacchi, F. Berti, D. Pegazzano, Rondoni e Balassi, I ritratti del marchese Giovanni Corsi, Milano 2015, p. 16 fig. 3

 

Il busto deriva da quello marmoreo scolpito da Alessandro Rondoni per il cardinale Domenico Maria Corsi (1635-1697) figlio di Giovanni Corsi e della sua prima moglie Lucrezia di Antonio Salviati.

Domenico Maria, in quanto figlio cadetto, venne destinato alla carriera ecclesiastica sotto la guida dello zio monsignor Lorenzo Corsi, fratello minore di Giovanni, che ricordiamo essere stato prolifico mecenate e collezionista.

Alla morte di Lorenzo nel 1656, Domenico Maria ne acquisì i beni arrivando a ottenere, nel 1686, la carica di cardinale.

Fu Domenico Maria Corsi a commissionare allo scultore romano Alessandro Rondoni, tra l’estate del 1685 e l’autunno del 1686, quattro busti in marmo che raffigurassero i familiari a lui più vicini nonché esponenti di rilievo della sua casata: il padre Giovanni, lo zio Lorenzo e il fratello Antonio (di cui presentiamo in questa sessione di vendita il busto marmoreo al lotto 44) e il proprio ritratto.

Questo offerto è la copia in terracotta dell’ultimo dei quattro busti citati; raffigura il committente che nel 1686, al momento del pagamento dell’opera, era da pochi mesi diventato cardinale.

La commissione dei busti rientra nella volontà di Domenico Maria di celebrare il conseguimento del ruolo cardinalizio che coronava finalmente gli sforzi della famiglia Corsi di avere tra i suoi rappresentanti un principe della chiesa.

 

 

 

Stima   € 4.000 / 6.000
Aggiudicazione  Registrazione
1

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Scuola fiorentina, seconda metà sec. XVI

ALLEGORIA DELLA PRUDENZA

olio su tavola, cm 70x52

 

In aggiunta a quanto riportato in catalogo si segnala che il dipinto è pubblicato come Lorenzo Sabatini nel catalogo della mostra Il Michelangelo incognito. Alessandro Menganti e le arti a Bologna nell'età della controriforma, a cura di A. Bacchi e S. Tumidei, Bologna 2002, pp. 82-84, 108. Si ringrazia Andrea Bacchi per la segnalazione. 


L'elegante dipinto ad olio su tavola qui presentato ha come protagonista una figura femminile che incede in un paesaggio tempestoso indicando due oggetti appesi al tronco di un albero: uno specchio e una ruota. Questi attributi ci consentono di identificare il soggetto del dipinto come un’allegoria della Prudenza/Fortuna.

Dal punto di vista stilistico e cronologico possiamo avvicinare l’opera all’ambito dello Studiolo di Francesco I dei Medici, in Palazzo Vecchio a Firenze, una delle creazioni più alte del Manierismo fiorentino.

Ideato da Vincenzo Borghini nel 1570 lo Studiolo fu terminato nel 1572 da un gruppo di artisti guidati da Giorgio Vasari. Lo studiolo era pensato come una “Camera delle meraviglie” dove il granduca avrebbe catalogato e collezionato i più vari materiali presenti in natura. La decorazione pittorica (con soggetti mitologici e pagani) avrebbe dovuto così seguire gli interessi alchemici di Francesco I e suggerire i vari materiali conservati in ciascuno sportello.

La nostra Allegoria si ispira nel gusto anche alla Pazienza di Giorgio Vasari della Palatina, di cui però non condivide il possente disegno michelangiolesco, indirizzandosi piuttosto verso un classicismo e una delicatezza pittorica che la avvicina alle opere di Giovanni Balducci detto il Cosci, che ricordiamo essere stato uno dei pittori che ha lavorato allo Studiolo.

 

Stima   € 5.000 / 7.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 80