Importanti Maioliche Rinascimentali

9 NOVEMBRE 2016
Asta, 0186
24

TAGLIERE

Stima
€ 8.000 / 12.000
Aggiudicazione  Registrazione

TAGLIERE

GUBBIO, 1520-1530

Maiolica decorata in policromia con blu, verde, giallo, arancio, bianco, lustro dorato e rubino.

Alt. cm 2, diam. cm 24,8, diam. piede cm 8,8.

Sul retro tracce di timbro a ceralacca ed etichetta circolare “MOSTRA DELLA MAIOLICA ITALIANA / 1400-1600 / LA MIA CASA 1972”.

 

Esposizioni

Mostra della maiolica italiana dal 1400 al 1600, Milano, Palazzo dell’Arte, 28 ottobre - 12 novembre 1972

 

Provenienza

Collezione Mame;

Collezione Florence Taccani, Milano;

Collezione privata, Milano

 

Bibliografia

J. Chompret, Répertoire de la majolique italienne, Parigi (rist. Milano 1986), p. 91 fig. 716

 

Il piatto ha cavetto poco profondo,una tesa larga e poggia su un basso piede ad anello. Al centro del cavetto la figura di un amorino ignudo con gli occhi bendati legato ad un albero, tracciata dal pittore in manganese e collocata sulla linea di orizzonte delineata in bistro diluito, come pure l’albero su cui è legato l’amorino; tocchi di lustro rubino sottolineano le piccole ali e gli elementi del paesaggio. La tesa è decorata con un elegante motivo a palmette classiche contrapposte, tracciate a graffito a stecca sullo smalto fresco, e poi riempite di lustro metallico dorato con tocchi di lustro rubino; le restanti campiture sono colorate con blu di cobalto (1). Il retro presenta cerchi concentrici tracciati a lustro color rubino.

Questa tipologia è tipica della produzione eugubina nella bottega di maestro Giorgio a partire dal 1520, quando i motivi più propriamente gotici lasciano spazio a quello a "palmetta classica", frequentissimo proprio sulle tese di piattelli con al centro putti che giocano, o stemmi miniati. Il motivo classico della palmetta deriva dal decoro di fregi architettonici presenti un po’ ovunque in Italia, derivanti dalle ceramiche greche rinvenute in tombe etrusche. A Gubbio in particolare questo ornato si ritrova sulle architravi dei portali della basilica del beato Ubaldo, ricostruita proprio in quegli anni, e nel Palazzo Ducale. Tale produzione a palmette cessa verso la metà degli anni trenta, sostituita dalle notissime coppe a rilievo su basso piede che costituiscono, nella fase tarda della bottega, la tipologia di gran lunga prevalente (2).

L’associazione ai putti giocosi è stata interpretata da alcuni come riferimento al motivo alchemico del ludus puerorum (3), mentre il putto legato e bendato viene letto come simbolo dell’amore cieco o come simbolo della lotta tra Eros e Anteros (4).

Un piattello con putto alato e tesa a palmette contrapposte, simile a quello in esame, è custodito nelle raccolte dei Musei Civici di Pesaro e reca la data 1536 (5), mentre un piattello datato 1528 si trovava un tempo nella collezione Beit (6). Numerosi sono poi gli esemplari di confronto nei musei francesi (7). Più vicino agli esemplari in cui lo sfondo della scena di cui il putto è protagonista è interamente realizzato a lustro piuttosto che colorato in blu e a esemplari privi di tocchi di verde, il piattello in oggetto di studio ha confronti anche nelle collezioni dei musei inglesi e americani (8). Infine anche un piattello della bottega di Mastro Giorgio Andreoli datato 1528, conservato al British Museum (9), mostra un putto su sfondo lustrato giallo, con identica modalità nella realizzazione della tesa e del retro, fornendoci così un utile riferimento cronologico.

 

1 Sulla tecnica utilizzata si veda quanto descritto riguardo alla decorazione “par enlevage” da Ettore Sannipoli nella scheda di un esemplare confrontabile al nostro (SANNIPOLI 2010, p. 144 n. 2.18);

2 FIOCCO-GHERARDI 1998, pp. 183-193;

3 La metafora alchemica del ludus puerorum, a significare come il complesso opus sia “un gioco da bambini” per chi possiede la chiave della Conoscenza. Ci pare a tal proposito interessante notare come i fanciulli vengano raffigurati su coppe a lustro metallico, oppure, nel periodo compendiario, su forme comunque ispirate a vasellame metallico;

4 Interessante in merito l’annotazione al piatto con cupido bendato del Museo di Lione, in cui si fa riferimento alla lettura neoplatonica della figura di Eros bendato come lotta appunto tra amore sacro e amor profano: il Dio bendato richiamerebbe la castità, con riferimento all’opera petrarchesca Il trionfo della pudicizia (FIOCCO-GHERARDI-FAKHRI 2015, p. 190 n. 60);

5 FIOCCO-GHERARDI-TERENZI 2004, p. 405 scheda XII.29;

6 BALLARDINI 1933, n. 226 fig. 211;

7 GIACOMOTTI 1974, pp. 210-212 nn. 676-686;

8 Victoria and Albert Museum, Londra, inv. C2193-1910; Metropolitan Museum of Art, New York, inv 1975.1.1107;

9 TORNTHON-WILSON 2009, pp. 515-516 n. 315. Il putto di questo piatto è dipinto con modalità stilistiche meno scolastiche e attribuito al pittore di Fetonte.