Disegni e stampe dal XVI al XX secolo - Libri e Autografi

23 GIUGNO 2016
Asta, 0177
265

Carteggio risorgimentale Mario Aldisio Sammito (1834-1902)

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Carteggio risorgimentale Mario Aldisio Sammito (1834-1902)

Importante fondo costituito da oltre 150 lettere autografe con le

relative buste, datate dal 1862 al 1899, da 12 fotografie per lo più

con dedica, e da oltre 20 cartoline autografe, inviate dai protagonisti

del Risorgimento italiano a Mario Aldisio Sammito, patriota

e scrittore siciliano.

Il nucleo più importante del presente carteggio è costituito

da 6 lunghe lettere autografe di Giuseppe Mazzini, accompagnate

da 2 fotografie di cui una con dedica, e da 18 lettere di

Giuseppe Garibaldi, accompagnate da 1 fotografia con firma

autografa.

Sammito nacque a Terranova di Sicilia (l’odierna Gela) nel 1834. Fu

uno dei personaggi più noti tra i gelesi di fine secolo. Fin da giovane

coltivò ideali di libertà ed eguaglianza. Le disperate condizioni

di vita dei contadini di Terranova, il loro asservimento al potere

locale e la loro religiosità fortemente intrisa di superstizione spinsero

Sammito a desiderare di migliorare la situazione, assumendo

posizioni fortemente anticlericali e progressiste. Partecipò ai moti

risorgimentali prendendo contatti con Garibaldi e il figlio Menotti

[entrambi presenti nel carteggio con lettere, biglietti e fotografie].

Nel 1869 fu arrestato con l’imputazione di “attentato contro la

persona sacra del Re e del cambiamento di governo”. In carcere

scrisse la raccolta di poesie Canti del prigioniero, pubblicate 1870,

opera che appartiene ad una nutrita serie di scritti di carattere

storico-sociale molto ammirati da pensatori coevi, sia italiani, sia

stranieri.

Già nel 1868, Sammito, che collaborava con riviste letterarie e politiche,

si era affermato redigendo un lungo proemio alla prima traduzione

italiana del Genio delle Religioni di Edgar Quinet. Tale proemio

ebbe il plauso dello stesso Quinet [come si può leggere nella

qui presente lettera scritta da Quinet il 16 febbraio 1868, citata

nella Raccolta di lettere del Generale Giuseppe Garibaldi indirizzate a

M. Aldisio Sammito]. A questo lavoro seguirono La Nizzarda (1870),

con prefazione di Giuseppe Garibaldi, e un’altra decina di opere,

tra cui: Giovanni Grilenzoni e le sue memorie storiche d’Italia dal 1821

al 1868 (1871), precedute da una lettera di Giuseppe Mazzini a

Sammito; Della questione finanziaria (1878), contro il Depretis allora

ministro delle Finanze; Il papato al cospetto della Storia (1881),

aspra requisitoria contro la Chiesa in nome della scienza.

Sammito fu inoltre presidente del Fascio dei Lavoratori di Terranova

e dei Fasci delle province di Caltanissetta e Siracusa, e consigliere

comunale di Terranova per molti anni.

Alla sua morte, avvenuta il 22 giugno 1902, l’amministrazione comunale

dell’epoca gli intitolò una via, tutt’ora presente e attigua

alle vie dedicate a Mazzini, D’Azeglio e Crespi.

MAZZINI, Giuseppe (1805-1872). 6 lettere autografe firmate,

tutte pubblicate nella già citata raccolta Lettere inedite di Giuseppe

Mazzini a Mario Aldisio Sammito a cura di Gaetano Firetto, apparsa

all’interno della “Nuova Antologia – Rivista di Lettere, Scienze ed

Arti” nel 1914. Tale raccolta, acclusa per intero in fotocopia, si apre

con una interessante introduzione di Firetto su Sammito e prosegue

con la trascrizione di 10 lettere spedite da Mazzini a Sammito

tra il 1863 e il 1872. Di queste lettere, la presente collezione ne

conserva ben sei (indicate nella raccolta con i numeri I, II, III, IV, VII,

X). L’ultima è di grande rilievo.

Delle due fotografie, la prima, di 78 x 49 mm, applicata su cartoncino,

ritrae il Patriota in un ovale e reca al retro versi presumibilmente

manoscritti da Sammito “Pace o Martire – La pietra ove dormi

è il nostro altare. Tu sei morto, e la tua fede oltre ai secoli vivrà!

M.A.S.” La seconda misura 900 x 600 mm e reca in calce la dedica

autografa “Ad Aldisio Sammito Gius. Mazzini”; al retro l’iscrizione

D. Lama Photographer, 7 Osnaburgh St., Regents Park, London”.

Nella prima lettera, datata 11 aprile [1863], Mazzini chiama Sammito

“Fratello” e gli porge tra l’altro “una stretta di mano fraterna ad

un uomo che intende le condizioni del paese e sa come amarlo.”

Scrive poi: “Oggi v’è un altro dovere per l’Italia, prominente su tutti:

l’Agire. Il moto Polacco ci addita supremo scopo l’insurrezione e la

guerra del Veneto … La povera eroica Polonia aspetta da noi un

aiuto d’azione, non di sterili applausi … M’occupo in primo accordo

con Garibaldi, di questo” Mazzini incita al coinvolgimento del popolo

e alla raccolta di fondi da destinare alle imprese.

La seconda lettera, datata 14 settembre 1864, ritorna sulla “impresa

emancipatrice del Veneto” e ne deplora la difficoltà, dovuta

soprattutto alla mancanza di segretezza. Mazzini esorta quindi

Sammito e i suoi amici a rivolgersi solo a lui, a raccogliere il più

rapidamente possibile mezzi per l’impresa e a coinvolgere uomini

di Terranova “che si trovano nell’esercito e che possono credersi

tendenti alle nostre idee”.

Nella terza (14 novembre [1864]) e quarta lettera (1 marzo [1865]),

Mazzini ribadisce nuovamente l’importanza della raccolta di fondi

e soprattutto della compattezza del Comitato Centrale Unitario:

“Vorrei che fossimo, per un tempo almeno, compatti e disciplinati

come un esercito. Non riusciremo senza questo.”

E’ della lettera successiva, scritta il 31 ottobre [1866], la vigorosa

esortazione “La Repubblica Italiana non deve essere più sogno

d’un incerto lontano avvenire ma scopo obbiettivo dello stadio

presente.”

L’ultima lettera, la n. X della raccolta di Firetto, scritta da Mazzini il

30 gennaio 1872, circa un mese prima della sua morte (avvenuta il

10 marzo 1872), differisce molto dalle precedenti nel tenore. Anzitutto,

non si apre con il consueto “Fratello” ma con un duro “Caro

Sammito”. In essa Mazzini prende nettamente le distanze dalle posizioni

laiche e scientiste di Sammito e di molti altri che, come lui,

avevano abbandonato il motto mazziniano “Dio e Popolo”. Scrive il

grande patriota: “Dissento radicalmente da tutto quello che da un

anno fate a tentate e deploro altamente il male che, sulla via scelta,

fate – senza saperlo – al Partito e al paese. Il Partito s’è scisso e la

divisione viene da voi.” E, più avanti: “Vi confesso che voi tutti mi

date sui nervi quando mi parlate a ogni istante di Scienza come opposta

alle mie credenze … Non v’accuso perché seguiate la scienza

che intendo, permettetemi, di seguir quanto voi, ma perché prendete

per Scienza un breve frammento isolato di Scienza”. Si tratta

di una missiva articolata, veemente e di grande respiro, che vibra

dello spirito che animava il grande patriota.

GARIBALDI, Giuseppe (1807-1882). Nucleo di 18 lettere indirizzate

da Garibaldi a Sammito, dal 1863 al 1880, tutte (tranne una)

pubblicate in Raccolta di lettere del Generale Giuseppe Garibaldi indirizzate

a M. Aldisio Sammito precedute da due di F. D. Guerrazzi

e continuate da altre di V. Hugo, E. Quinet, E. Rochefort e L. Taxil al

medesimo, Piazza Armerina, Adolfo Pansini, [1882] – allegato alla

collezione. Questa antologia di 61 [3] pagine riproduce missive

spedite nel corso di 19 anni (1862-1881) da Garibaldi a Sammito,

raccolte per cura dell’editore Pansini. “Esse contengono i più gravi

insegnamenti e le più schiette manifestazioni dell’Uomo che personificò,

per mezzo secolo, gli avvenimenti del Popolo Italiano e

santificò la solidarietà fra i popoli del Mondo.”

Delle 19 lettere qui presenti, una è interamente autografa e di contenuto

politico, 17 hanno firma autografa e una non è autografa

ma scritta da Basso “Per G. Garibaldi indisposto”. Le missive sono

inviate per lo più da Caprera, ma anche da Vinci, Roma, Albano

e Genova. Quella del 6 aprile 1869 include una foto con firma

autografa, 101 x 62 mm, proveniente dallo studio di Alessandro

Pavia in Genova.

La lunga lettera di carattere politico, datata “Caprera, 6 marzo

1872” (n. XXXIV, p. 35, nella Raccolta), è particolarmente importante

in quanto testimonia la distanza tra Mazzini e di Garibaldi, che qui

scrive, tra l’altro, “Mazzini […] ha torto, ed avrei io una massa di torti

da imputargli, se volessi occuparmene.”

Elenco delle lettere in ordine cronologico. I numeri romani tra parentesi

si riferiscono al numero assegnato a ciascuna lettera nella Raccolta del Pansini.

- Caprera, 11 aprile 1863 (n. V)

- Vinci, 31 luglio 1867 (n. XI), “Ho già aderito al Congresso internazionale

della Pace … Credo, quindi, dovere d’ogni uomo che ama

il bene dell’umanità, di parteciparvi” (Basso per G. Garibaldi indisposto)

- Caprera, 21 gennaio 1868 (n. XII), “L’Italia conta sempre sui valorosi

Siciliani pel compimento de’ suoi destini. Io sono per la vita.”

- Caprera, 6 aprile 1869 (n. XV), “Vi invio una fotografia” (foto con

firma autografa, mm 62 x 101, proveniente dallo studio di Alessandro

Pavia in Genova)

- Caprera, 27 settembre 1870 (n. XXVI)

- Caprera, 18 luglio 1871 (n. XXVIII)

- Caprera, 4 giugno 1872 (n. XXXIII), “Per vari mesi io cercai di scuotere

i Veneti; ma fu predicare al deserto. Vi auguro miglior fortuna”.

- Caprera, 6 marzo 1872 (n. XXXIV), “In una mia a Stefanoni, l’ho

pregato di pubblicare le linee seguenti: 1°. Dichiarare apertamente

che sono repubblicano. 2°. Disdire che appartengo all’Internazionale.

3° Trattare con rispetto filosofico la questione religiosa, cioè

teologica. Quelle parole di Mazzini, i Mazziniani chiamano concilianti.

Io ho pensato di occupare il mio tempo in cose utili. Dopo

ciò, credo, non vi sarà più chi pensi a conciliazione. Poi, mio caro

amico, credetelo! Mazzini non può conciliarsi perché ha torto, ed

avrei io una massa di torti da imputargli, se volessi occuparmene.

Comunque, essendovi tra i numerosi suoi aderenti molta gente,

che saranno con noi sul campo dell’azione, noi dobbiamo, senza

sottomettersi alle intempestive irrazionali loro esigenze, assicurarli

che anche nella questione politica ci troveranno compagni. Sono

anch’io quindi tra i dissenzienti in dottrine”

- Caprera, 13 gennaio 1873 (n. XXXV)

- Caprera, 29 luglio 1873 (n. XXXVI)

- Caprera, 13 gennaio 1874 (n. XXXIX)

- Caprera, 7 aprile 1874 (n. XL)

- Roma, 7 marzo 1875 (n. XLIII)

- Roma, 20 novembre 1875 (n. 46), “Il Lavoro è alla base della vita

umana: la poltroneria, anititesi dello stesso, è adottata dai governi

che vogliono i popoli nella corruzione e nel servaggio.”