Una selezione di opere dell' 800 italiano

19 APRILE 2016

Una selezione di opere dell' 800 italiano

Asta, 0171
FIRENZE
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 18.00
Esposizione
FIRENZE
15-18 Aprile 2016
orario 10 – 13 / 14 – 19 
Palazzo Ramirez-Montalvo 
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   1300 € - 100000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 41
80

Daniele Ranzoni

(Intra (Novara) 1843 - Iinta (Novara) 1889)

RITRATTO DELLA PRINCIPESSA TROUBETZKOY A INTRA

olio su carta riportata su cartoncino, cm 19,5x14

sul retro: iscritto "Opera di D. Ranzoni / Ritratto della principessa / Troubetzkoy / Fatto ad Intra nel 1873 / G. Cost...."

 

Provenienza

Collezione privata

 

Sicuramente decisivi sia dal punto di vista professionale sia da quello personale sono gli anni trascorsi a contatto con la famiglia Troubetzkoy. Il principe russo Pietro Troubetzkoy viene inviato in Italia negli anni Sessanta per sovraintendere alla costruzione di una chiesa ortodossa a Firenze; qui conosce Ada Winans, cantante lirica di origine newyorkese, che sposa in seconde nozze e dalla quale ha tre figli, Pierre, Paolo e Luigi.

Dal 1868 i Troubetzkoy vivono a Ghiffa dove il principe fa costruire una villa sulle pendici che si affacciano sul Lago Maggiore e che chiama Villa Ada in onore della moglie. In questo contesto Ranzoni viene accolto in qualità di maestro dei figli e qui ha la possibilità di frequentare l'aristocrazia che si riunisce in quegli anni sul lago e di ricevere e ospitare amici scapigliati. Questo periodo d'oro finisce quando viene invitato in Inghilterra dalla famiglia Medlycott, lì si dedica alla ritrattistica della gentry, ma l'ambiente è freddo e si trova isolato, non c'è nessuna intimità con i suoi committenti. Il clima e l'accoglienza di Villa Ada non ci sono più, e non ci sono più nemmeno gli affetti famigliari e quel rapporto privilegiato con la principessa Troubetzkoy.

La corrispondenza tra i due, che avrebbe potuto testimoniare l'ambiguo rapporto tra committente e artista, è oggi purtroppo scomparsa, ma lo speciale legame che li ha uniti può essere letto nella passione che emerge nei ritratti della donna, non solo quelli di famiglia come Principessa Troubetzkoy con il figlio Gigi, ma soprattutto in alcune figure femminili come La fioraia e la Maddalena.

Stima   € 1.500 / 2.000
Aggiudicazione  Registrazione
53

Antonio Paoletti

(Venezia 1834 - Venezia 1912)

VENDITORI DI CASTAGNE

olio su tela, cm 56x81

firmato e locato "Venezia" in basso a destra

sul retro: etichetta delle Cooling Galleries di Londra

 

Antonio Ermolao Paoletti si formò all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove seguì i corsi di P. M. Molmenti, ed esordì alle mostre veneziane con soggetti storici di gusto romantico (1860, Entrata di Enrico III re di Francia; 1862, Una visita di Enrico III a Veronica Franco; 1863, Il rifiuto della moglie di Francesco Foscari a consegnare alla Veneta Signoria il cadavere del marito). Lavorò come decoratore in palazzi (Veduta di Verona, Venezia, Palazzo Ducale) e chiese del Veneto: fra l'altro, a Venezia, realizzò nella chiesa di Santa Maria Formosa una pala d'altare (La Purificazione della Vergine) e degli affreschi nella cappella di San Giuseppe nella basilica del Santo a Padova (1896-1897). Nel 1878 dipinse il sipario del veneziano teatro La Fenice con L'arrivo a Venezia di Olderico Giustiniani recante l'annuncio della vittoria di Lepanto. Si dedicò anche alla ritrattistica (Ritratto di Tina di Lorenzo, 1894, Bassano, Museo Civico) e alla pittura di genere, con soggetti aneddotici, scene popolari e scorci veneziani, che divennero la sua specialità (La pesca, La romanza, esposti a Trieste nel 1870; Infilatrice di perle, Trieste, Museo Revoltella). Fu presente alle mostre di Milano (1872, Ecco come va il vino delle messe), Firenze (1877, L'attesa; 1884, Popolana veneziana; 1886, Venditore di pesce), Venezia (1881, Rialto), Torino (1884, Fa caro al nonno); all'estero inviò opere alle Esposizioni di Vienna (1873, Un venditore di anguille) e di Anversa (1885, Sulla riva).

 

Pittori e Pittura dell'Ottocento Italiano, Dizionario degli Artisti, a cura di G. Matteucci e C. Bonagura, II, Novara 1999

Stima   € 7.500 / 9.500
Aggiudicazione  Registrazione
65

Eugenio Zampighi

(Modena 1859 - Maranello (MO) 1944)

IL TRIO MUSICALE

olio su tela, cm 55x40

firmato in basso a sinistra

 

Iscrittosi giovanissimo all'Accademia di Belle Arti di Modena, fin dai suoi primi saggi di soggetto storico accoglie la suggestione della lezione verista del pittore modenese Giovanni Muzzioli.

Ottenuto il premio di pittura Poletti, nel 1880, Zampighi ha l'opportunità di proseguire i suoi studi prima a Roma e, in seguito, a Firenze dove si trasferisce definitivamente nel 1884. Nel corso degli anni ottanta inaugura un repertorio di scene di genere che gli garantisce una straordinaria fortuna di mercato e il favore della committenza internazionale. Funzionale alla pratica pittorica è l'intensa attività di fotografo svolta principalmente in studio con l'ausilio di modelli in costume da contadini e popolani. A partire dalle immagini fotografiche, l'artista ricrea un'immagine gioiosa e idilliaca del mondo rurale italiano, priva di qualunque accento di denuncia sociale, ma apprezzata dai turisti stranieri al tal punto da sollecitare la produzione seriale degli stessi fortunati stereotipi ancora nei primi decenni del Novecento.

Per un approfondimento della tecnica e della tematica usata da Zampighi, spunto di riflessione è costituito dal catalogo della mostra che nel 2007 si è tenuta a Modena presso il Fotomuseo Giuseppe Panini dal titolo Eugenio Zampighi fotografo e pittore, a cura di Chiara Dall'Olio e Francesca Piccinini. Oggetto della mostra furono le oltre 150 fotografie, una selezione tratta dalle oltre 530 immagini del fotografo-pittore (392 foto dal vero adoperate come bozzetti e 138 riproduzioni di quadri) che il Fotomuseo ha acquistato nel 1997, e dai due nuclei di fotografie e di negativi in lastra di vetro in possesso del Museo Civico d'Arte. Si tratta non solo d'immagini delle scene composte dal pittore come spunti per il proprio lavoro, ma anche le riproduzioni dei quadri, fotografati sempre dall'artista, che venivano utilizzate come catalogo commerciale. Da un'analisi del fondo Zampighi conservato al Fotomuseo emerge che nei suoi quadri, nelle allegre scene di vita familiare contadina, si ritrovano gli stessi personaggi stereotipati delle fotografie, nelle medesime pose, nelle identiche azioni, illuminati dalla stessa luce, in molte occasioni, inoltre, le stesse figure vengono ripetute in quadri diversi. L'artista lavorava alla composizione dei quadri quasi fossero differenti collage realizzati a partire dalla stesso gruppo di fotografie, senza sforzi creativi sui soggetti, ma solo sull'ambientazione.

Stima   € 8.500 / 10.000
58

Gioacchino Toma

(Galatina (LE) 1836 - Napoli 1891)

LA LETTERA

olio su tela, cm 61x94,5

firmato in basso a sinistra

 

Orfano a sei anni, trascorse l'infanzia nel convento dei Cappuccini di Galatina e l'adolescenza nell'Ospizio dei poveri di Giovinazzo dove, dal 1853 al 1855, fu avviato allo studio della pittura. Giunto a Napoli nel 1855, cominciò a collaborare con A. Fergola. Arrestato per errore in una retata dalla polizia borbonica, nel 1857 fu confinato a Piedimonte d'Alife: qui entrò in contatto con aristocratici locali che lo introdussero nelle file della Carboneria. Rientrato a Napoli nel 1858, frequentò l'Accademia di Belle Arti sotto la guida di G. Mancinelli e nel 1859 presentò con successo alla Mostra Borbonica l'Erminia (Napoli, Palazzo Reale) dove, sotto l'impostazione accademica si poteva scorgere una vena naturalistica di influsso palizziano. Partecipe dei fermenti rivoluzionari, visse le varie fasi della campagna garibaldina del 1860 e da quell'esperienza ricavò l'impulso a una pittura diversa, sperimentata subito in opere come Un prete rivoluzionario (esposto a Firenze nel 1861) o in piccoli quadri come I figli del popolo (1862, Bari, Pinacoteca Provinciale). La necessità di narrare, che sarà poi sentimento costante della sua opera futura, per tutti gli anni '60 si arricchì di accorgimenti formali e di un senso spoglio e malinconico della realtà (Il denaro di San Pietro, detto anche II prete reazionario, 1862, Napoli, Museo di Capodimonte; Un esame rigoroso del Sant'Uffizio, 1864, Napoli, Museo di Castel Nuovo). Superò un momento di crisi nel 1865 dedicandosi all'insegnamento, fra l'altro presso l'Ospizio femminile San Vincenzo Ferreri di Napoli. Dal 1870 nella sua pittura divenne più profonda la vena intimistica, sottolineata dalle tonalità fredde e dalla omogeneità della luce; all'Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 espose alcune delle sue opere più note: La messa in casa (Napoli, Museo Civico di Castel Nuovo), La ruota dell'Annunziata, Il viatico dell'orfana e la seconda versione della Luisa San felice in carcere (tutte a Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Dal 1878 insegnò presso l'Accademia napoletana e fu assiduo alle mostre della Promotrice S. Rosa fino al 1891 (1879, Onomastico della maestra; 1888, Il romanzo nel chiostro). Nell'ultimo decennio realizzò paesaggi di intensa luminosità (varie versioni di Sotto il Vesuvio, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Napoli, Museo di Capodimonte) e soggetti di contenuto sociale con una pittura abbozzata con pennellate larghe e veloci (Tatuaggio dei camorristi, Napoli, Museo di Capodimonte).

 

Pittori e Pittura dell'Ottocento Italiano, Dizionario degli Artisti, a cura di G. Matteucci e C. Bonagura, II, Novara 1999

 

Stima   € 9.000 / 12.000
Aggiudicazione  Registrazione
81

Paolo Troubetzkoy

(Intra 1866 - Suna 1938)

RITRATTO DI FRANCESCO CRISPI

bronzo patinato, alt. cm 42, su base in legno, cm 7

firmato

 

Provenienza

Collezione privata, Milano

 

Esposizioni

Paolo Troubetzkoy. I ritratti, Civico Istituto di Cultura Popolare, Luino – Chiesa di Santa Maria Maddalena, Viro Gambarogno, 7 giugno – 2 agosto 1998, n. 4

 

Bibliografia

Paolo Troubetzkoy. I ritratti, catalogo della mostra (Civico Istituto di Cultura Popolare, Luino – Chiesa di Santa Maria Maddalena, Viro Gambarogno, 7 giugno – 2 agosto 1998) a cura di S. Rebora, Milano 1998, pp. 24, 62 n. 4

 

Dell'opera esiste anche una versione in gesso patinato conservato al Museo del Paesaggio di Verbania Pallanza: da una scheda ad esso dedicata è tratto il seguente testo:

 

"Nella primavera del 1892, Troubetzkoy si recò a Napoli, dove conobbe Gabriele D'Annunzio, che gli aveva dedicato una recensione molto favorevole sulle colonne de Il Mattino in occasione della vittoria dello scultore al concorso per il monumento a Garibaldi a Napoli. Troubetzkoy, oltre a realizzare durante questo soggiorno un ritratto assai espressivo del poeta e letterato, ebbe anche modo di eseguirne uno di Francesco Crispi (Ribera 1818-Napoli 1901). "Ritornato a Milano lo scultore, quel busto di Crispi, accompagnato da un altro del Caprivi, va ad alloggiare all'Hotel Cavour, per una buona idea del proprietario che così solennemente vuol ricordare la firma del trattato della Triplice Alleanza compiuto nel suo albergo l'8 novembre del 1890" (R. Giolli, 1913, p. 17). Non si sa se il busto conservato all’epoca presso l'Hotel Cavour di Roma fosse in gesso o in bronzo; l'opera in questione comunque, nel dicembre successivo, fu esposta dallo scultore alla mostra annuale della Famiglia Artistica di Milano proprio insieme al ritratto di D'Annunzio. Per taglio e soluzione formale, il busto di Francesco Crispi s'inserisce agevolmente in quella serie di ritratti che Troubetzkoy realizzò all'inizio degli anni novanta, specialmente quelli del conte Antonio Durini, Lorenzo Ellero e quello più tardo di Luigi Manzotti".

 

S. Rebora in Paolo Troubetzkoy 1866-1938, catalogo della mostra (Museo del Paesaggio, Verbania Pallanza, 29 aprile-29 luglio 1990) a cura di G. Piantoni e P. Venturoli, Torino 1990, p. 91

 

Stima   € 10.000 / 15.000
1 - 30  di 41