Importanti Dipinti Antichi

19 APRILE 2016
Asta, 0170
12

Jacobello del Fiore

Stima
€ 100.000 / 150.000

Jacobello del Fiore

(Venezia, 1370 circa-1439)

MADONNA COL BAMBINO

tempera su tavola, cm 55x36,5; con cornice 75x49,5

 

Provenienza

De Clemente (Firenze);

G. Grassi (Roma) 1924;

Collezione privata, Roma

 

Referenze fotografiche

Fototeca Zeri, inv. 60953, busta 0277; fasc. 3, scheda 24079

Bibliografia

R. Van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, VII, L’Aja 1926, p. 342, fig. 227;

A. Venturi, in Le Gemme d’arte antica in Italia, Milano 1938, pp. 81-86, n. VIII

 

Il prezioso fondo oro qui presentato, raffigurante la Vergine col Bambino entro una cornice a tabernacolo intagliata e dorata, appartiene oggi ad una collezione privata romana. Il dipinto è documentato nell’archivio Zeri (scheda 24079) che lo indica appartenente prima a De Clemente (Firenze) e dal 1924 alla collezione G. Grassi (Roma) dove si trovava ancora negli anni trenta del Novecento quando lo pubblicò Adolfo Venturi (1938).

Raimond Van Marle nel 1926 propose per primo l’assegnazione dell’opera all’artista veneto, mettendola in stretta relazione con la Madonna col Bambino appartenente alla Collezione Correr (Venezia, Museo Correr, inv. 7), opera questa firmata dall’artista. Van Marle nel suo contributo su Jacobello del Fiore prende in esame altre opere dell’artista raffiguranti la Madonna col Bambino, citando anche il nostro fondo oro del quale coglie il tenero atteggiamento del Bambino che si succhia le dita, evidenziando altresì il manto della Vergine riccamente ornato.

Il nostro fondo oro trova corrispondenze stilistiche anche con altre opere del maestro, ad esempio con la ‘Madonna col Bambino’ già a Venezia nella collezione Manfrin, con la ‘Madonna col Bambino’, che si conserva nella collezione di Andreas Pittas e con una ‘Madonna dell’Umiltà’ già a Roma nella collezione del principe Fabrizio Massimo, associata a Jacobello del Fiore da Van Marle nel 1926 (R. Van Marle, The Development cit., VII, p. 342, fig. 227.)

Nel 1938 Venturi inserisce quest’opera tra le “Gemme d’arte antica italiana” definendola capolavoro di Jacobello dal Fiore e la descrive con parole di un lirismo entusiastico che ricava dai toni, dalle luci e dagli effetti usati per rappresentare Maria e il Bambino: “Siamo davanti ad una gemma del primo Quattrocento veneziano, ad un’opera intensa di vita, ammaliante per lo splendore dell’effetto luministico…”

L’opera è stata recentemente presa in esame in un parere scritto di Andrea G. De Marchi che la riferisce anch’egli con certezza a Jacobello del Fiore. Lo stretto rapporto con la tavola del Museo Correr viene confermato dallo stesso De Marchi che sottolinea che siamo in presenza di un “lavoro sicuro del pittore tardogotico”. Lo studioso evidenzia che il nostro dipinto si distingue da quelli del gruppo variamente indicato con lo pseudonimo di Maestro della Madonna Giovannelli o con il nome del padre dell’artista, il poco documentato Francesco del Fiore. La ricca lavorazione dell’oro animata da raggi segmentati incisi sul fondo che partono dalle aureole è tipica di Jacobello. La datazione dell’opera viene indicata dallo studioso intorno al 1420 pertanto riconducibile alla parte centrale dell’attività dell’artista, negli anni in cui Jacobello fu maggiormente in stretto contatto con personalità artistiche quali Gentile da Fabriano e Pisanello.

 

Fonti e Bibliografia

 

Gran parte dei documenti relativi alla vita di Jacobello sono pubblicati e trascritti da P. Paoletti, Raccolta di documenti inediti per servire alla storia della pittura veneziana nei secc. XV e XVI, Bellini, I, Padova 1894, p. 6; II, ibid. 1895, pp. 7-12. Essi sono stati oggetto di analisi e commento in: L. Testi, Storia della pittura veneziana, Bergamo 1909, I, pp. 391-422.

Per quanto riguarda i dipinti, sia conservati sia perduti, si vedano le seguenti fonti indirette: M. Michiel, Notizia d'opere di disegno (1521-43), a cura di I. Morelli, Bassano 1880, p. 237; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, con aggiunte di G. Martinioni, Venezia 1663, pp. 65, 173, 282; M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674, sestiere di S. Marco, p. 49, sestiere di Dorsoduro, pp. 19, 36; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana, Venezia 1771, pp. 16 s.; A. Olivieri degli Abati, Memorie della chiesa di S. Maria di Monte Granaro, Pesaro 1777, pp. 34 s.; M. Caffi, G. D., pittore veneziano del sec. XV, in Arch. stor. ital., VI (1880), pp. 402 s.

Pur mancando tutt'ora una monografia sull'artista, numerosi sono gli studi sull'opera intera di Jacobello e le proposte di catalogo, oltre al citato capitolo del Testi (1909): L. Venturi, Le origini della pittura veneziana, Venezia 1907, pp. 80 s.; G. Gronau, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, Leipzig 1915, pp. 595 ss.; L. Planiscig, J. D., in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, I (1926), pp. 86 ss.; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 270; G. Fiocco, in Encicl. Ital., XVIII, Roma 1951, p. 627; L. Coletti, La pittura veneta del Quattrocento, Novara 1953, pp. X s.; R. Pallucchini, La pittura veneta del Quattrocento, Bologna 1956, pp. 51-73; I. Chiappini di Sorio, Per una datazione tarda della Madonna del Correr, in Boll. dei Musei civici veneziani, XIII (1968), 4, pp. 11-25; P. Zampetti, A Dictionary of Venetian Painters, London 1969, pp. 61 s.

Altri più specifici contributi si segnalano per ordine cronologico: A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 1, Milano, pp. 296 ss.; F. F. Mason Perkins, A Rediscovered Painting by J. D., in Apollo, X (1929), 55, pp. 38 s.; L. Coletti, Sul polittico di Chioggia e su Giovanni da Bologna, in L'Arte, XXXIII (1931), p. 141; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1946, pp. 49 s.; S. Moschini Marconi, Le Gallerie dell'Accademia di Venezia, I, Opere d'arte dei secc. XIV e XV, Roma 1949, pp. 28-31; R. Pallucchini, La mostra di Stoccarda, in Arte veneta, IV (1950), p. 180; M. Muraro, Affreschi di Nicolò di Pietro e di J. D. a Serravalle, in Riv. d'arte, XXX (1955), pp. 172-77; G. Gamulin, L'altare di S. Giovanni evangelista di Jacobello Del Fiore a Omišalj, in Arte veneta, XI (1957), pp. 23 ss.; C. Volpe, Una "Crocifissione" di Jacobello Del Fiore, in Arte antica e moderna, XX (1962), p. 438; G. Gamulin, Ritornando sul Quattrocento, in Arte veneta, XVII (1963), p. 627; F. Zeri, J. D. La pala di S. Pietro a Fermo, in Quaderni di Emblema. Diari di lavoro, I (1971), pp. 36-41; G. Paccagnini, Pisanello e il ciclo cavalleresco di Mantova, Milano s. d. [1972], pp. 129-45; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 1972, II, p. 509; I. Chiappini di Sorio, Note e appunti su Jacobello Del Fiore, in Notizie da Palazzo Albani, II (1973), 1, pp. 23-28; C. Huter, Jacobello Del Fiore., Giambono and the Benedict panels, in Arte veneta, XXXII (1978), pp. 31-38; C. Pesaro, Un'ipotesi sulle date di partecipazione di tre artisti veneziani alla decorazione della sala del Maggior Consiglio nella prima metà del Quattrocento, in Boll. dei Musei civici veneziani, XXIII (1978), 1-4, pp. 44-55; V. Markova, Inediti della pittura veneta nei musei dell'URSS, I, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XIII (1982), pp. 13 s., 19; D. Rosand, Venezia e gli dei, in "Renovatio Urbis". Venezia nell'età di Andrea Gritti (1523-1538), Roma 1984, pp. 207 s.; S.G. Casu, The Pittas Collection. Early Italian Paintings (1200-1530), Firenze 2011, pp. 86-89.