Importanti Dipinti Antichi

19 APRILE 2016

Importanti Dipinti Antichi

Asta, 0170
FIRENZE
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 17.00
Esposizione
FIRENZE
15-18 Aprile 2016
orario 10 – 13 / 14 – 19 
Palazzo Ramirez-Montalvo 
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   4000 € - 100000 €

Tutte le categorie

31 - 46  di 46
31

Simone Pignoni

(Firenze 1611-1698)

RUTH E BOOZ

olio su tela, cm 48,5x97

 

Provenienza

Firenze, Luca Serantoni, 1729

Già Firenze, collezione Lia Cisbani

Collezione privata

 

Esposizioni

Firenze, Chiostro della Santissima Annunziata 1729

Firenze, Palazzo Strozzi, 21 dicembre 1986 - 4 maggio 1987

 

Bibliografia

G. Cantelli, Mitologia sacra e profana nella pittura fiorentina della prima metà del Seicento, (I), in "Paradigma", 3, 1980, p. 167, fig. 84

G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole (Firenze), 1983, p. 122, fig. 646;

Il Seicento Fiorentino, Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, Pittura, catalogo della mostra, Firenze, 1986, p. 424, scheda 1.236;

F. Baldassari, Simone Pignoni (Firenze, 1611 - 1698), Torino, 2008, pp. 151-152, scheda 91a, fig. 91a

 

Passata sul mercato antiquario romano all’inizio degli anni Ottanta con l’attribuzione a Cecco Bravo, la tela è stata giustamente ricondotta da Giuseppe Cantelli alla mano di Simone Pignoni e successivamente messa in relazione con il pendant, per formato e argomento, raffigurante Rachele al pozzo (Il Seicento Fiorentino cit. p. 425, scheda 1.237). Le due tele sono inoltre citate nella Nota de’Quadri che sono esposti per la festa di San Luca degli Accademici del Disegno nel Chiostro della SS Annunziata del 1729 come di proprietà di Luca Serantoni.

Il soggetto del quadro qui offerto è tratto dal libro di Ruth, uno dei libri più brevi dell’Antico Testamento ma di prosa brillante ed efficace, che offre, in seguito al matrimonio dei due protagonisti, un messaggio di pace e speranza, nonché un rimando alla genealogia illustre della stirpe dei re davidici. Ruth è una giovane donna moabita rimasta vedova che rifiuta però di risposarsi per non abbandonare la suocera Noemi a cui è molto legata. Mentre spigola in un campo viene notata dal proprietario del terreno, Booz, che è anche parente di Noemi, ed è proprio questo il momento che viene rappresentato nella tela (2,5).

Noemi, desiderosa di fare di nuovo felice la nuora, le consiglia di persuadere Booz a prenderla in moglie: “Figlia mia, non devo io cercarti una sistemazione, così che tu sia felice?” (3,1) cosa che avviene dopo la rinuncia di un altro pretendente alla sua mano. Dall’unione di Ruth e Booz nascerà Obed, padre di Iesse e padre a sua volta di re David (4,17).

La qualità materica del quadro si presenta estremamente ricca e condotta con tocchi veloci, soprattutto nel paesaggio e nel cielo tempestoso, influenzato senz’altro dalla pittura sciolta e sfaldata di Cecco Bravo a sua volta tratta da suggestioni venete. Questa vicinanza con Cecco Bravo permette di datare l’opera agli inizi degli anni Cinquanta del Seicento, periodo a cui risale la loro collaborazione (G. Cantelli, Repertorio cit., p. 122)

La pennellata morbida, la gradevolezza del soggetto, nonché il formato contenuto, seppure con figure d’aspetto quasi monumentale, permettono di ascrivere l’opera al genere del quadro da stanza erudito e ricercato, secondo una tipologia molto amata nella pittura fiorentina del Seicento.

 

 

Stima   € 40.000 / 60.000
32

Viviano Codazzi  (Taleggio, Bergamo, 1606 circa - Roma 1670)

e Filippo Lauri  (Roma 1623-1694)

PALAZZO CON GIARDINO E FONTANA, CON EPISODIO BIBLICO

olio su tela, cm 74x100

 

Bibliografia

G. Briganti, Viviano Codazzi, in I Pittori Bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento, I, Bergamo 1983, p. 704, n. 128; p. 736, fig. 2.

D. R. Marshall, Viviano and Niccolò Codazzi and the Baroque Architectural Fantasy, Milano – Roma 1993, p. 324, VC 191.

G. Sestieri, Il capriccio architettonico in Italia nel XVII e XVIII secolo, Roma 2015, I, p. 363, fig. 117.

 

Pubblicato da Giuliano Briganti, il primo ad occuparsi di Viviano Codazzi dopo l’apertura longhiana nel 1955 e a stendere un primo catalogo delle sue opere, il dipinto qui offerto è stato nuovamente riprodotto da David Marshall sulla base della stessa fotografia e descritto come di ignota ubicazione: solo recentemente, infatti, la tela è riemersa dalla raccolta privata che da tempo la custodiva, consentendoci di ammirare un’opera finora malnota e di confermare senza riserve l’opinione degli studiosi citati.

Tipica di Viviano Codazzi è infatti la prospettiva architettonica in cui i volumi aggettanti di un porticato e le sue ombre portate disegnano un partito geometrico rigoroso sull’austera facciata di una villa, appena movimentata da nicchie che si alternano ai profili delle finestre. Piccoli tocchi di realtà – imposte socchiuse e persone affacciate su uno sfondo di cielo appena intravisto – impediscono alla scena di trasformarsi in puro esercizio di prospettiva. Sugli scalini che dalla terrazza conducono al giardino le figurine dipinte da Filippo Lauri mettono in scena un episodio vetero-testamentario che solo l’esame diretto consente oggi di identificare come facente parte dell’epopea di Giuseppe in Egitto, qui in atto di accogliere i fratelli e di farsi riconoscere da loro. Lo stesso episodio, indubbiamente assai raro, era stato dipinto da Pier Francesco Mola su una delle pareti brevi della galleria affrescata per volere di Alessandro VII nel palazzo pontificio di Montecavallo: un’impresa coordinata da Pietro da Cortona, cui si deve il progetto di insieme documentato da disegni preparatori e da recenti ritrovamenti, e portata a termine da artisti diversi per rango e per formazione, autori di varie storie dell’antico Testamento. Tra questi, per l’appunto, Filippo Lauri, autore di due scene figurate (Sacrificio di Caino e Abele; Gedeone) e, secondo le fonti, di una parte dell’ornato, ossia la cornice monocroma che ad esse faceva da ideale supporto. E’ probabile quindi che, nella scelta di un episodio a piccole figure con cui animare la solenne prospettiva di Viviano, Lauri si ricordasse della scena monumentale che aveva visto dipingere a Montecavallo, e decidesse di ripeterne la composizione, sebbene in controparte e con molte varianti. Un dato, questo, che costituisce un sicuro termine di datazione del nostro dipinto dopo il 1657, peraltro in linea con la cronologia proposta per il gruppo di opere eseguite in collaborazione da Lauri e Codazzi. Oltre che dalla serie di dipinti oggi conosciuti e a loro assegnati da David Marshall (Viviano and Niccolò Codazzi…. cit., VC 182-194) il loro sodalizio è documentato dagli inventari di molte fra le più importanti collezioni romane: prospettive di Viviano animate da figure di Lauri risultano, ad esempio, nella raccolta del Marchese del Carpio, ambasciatore del Re di Spagna a Roma (1682); in quella di Filippo II Colonna (1714); in quella, raffinatissima e probabilmente organizzata da Giovanni Paolo Panini, del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (1763); in quella, infine, di Camillo Rospigliosi (1769).

 

Stima   € 40.000 / 60.000
34

Scuola napoletana, prima metà del sec. XVII

LA PARTENZA DI AGAR E ISMAELE

olio su tela, cm 120x150

 

Provenienza

Christie’s, Londra, 8 luglio 1988, lotto 88

Napoli, collezione privata.

 

Implacabile, Abramo indica ad Agar e al piccolo Ismaele la via del deserto a cui la nuova, legittima discendenza li condanna: nel moto divergente delle braccia, le pieghe sontuose del suo abito scarlatto riempiono lo spazio scuro della porta trovando richiamo nell’identica tonalità del corpetto di Agar, in contrasto con il chiarore eburneo delle carni. Il piccolo Ismaele riunisce in sé la bellezza classica dei lineamenti regolari e delle membra scolpite a un dettaglio che ci riconduce a quell’attenta osservazione del vero che segna il primo naturalismo napoletano: il “tortano” ossia la grande ciambella infilata al braccio come provvista per il viaggio, mentre un recipiente appena visibile in primo piano allude alla fonte miracolosa che disseterà madre e figlio nel deserto.

Passato in asta da Christie’s con un riferimento alla cerchia di Massimo Stanzione sulla traccia di un antico suggerimento di Giuliano Briganti, il dipinto qui offerto fu poi attribuito da Ferdinando Bologna (comunicazione orale) al Maestro della Giuditta di Salerno autore, secondo lo studioso, di un esiguo numero di opere appunto riunite intorno alla tela nel Museo Diocesano di quella città, presentate in occasione della mostra dedicata nel 1991 a Battistello Caracciolo e al naturalismo napoletano.

Sebbene il confronto con quel dipinto risulti piuttosto convincente, almeno per quanto riguarda il volto di Ismaele, pressoché sovrapponibile a quello dell’eroina biblica, la fondata attribuzione della Giuditta al giovane Guarino da parte di Riccardo Lattuada e il sostanziale smembramento del gruppo ha interrotto questa linea di indagine.

Priva di seguito è apparsa anche l’attribuzione del nostro dipinto alla primissima attività di Mattia Preti all’inizio del quarto decennio del Seicento, seguita a un ipotetico primo soggiorno napoletano, espressa da Sebastian Schuetze nel recensire la mostra dedicata all’artista nel 1999 (Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta. Napoli, Museo di Capodimonte, in “The Burlington Magazine” CXLI, 1999, p. 436 e fig. 68).

Assai più convincente appare invece l’opinione di Nicola Spinosa (comunicazione orale) che ritiene trattarsi di un’opera giovanile di Massimo Stanzione, al crocevia tra il naturalismo di Battistello e di Filippo Vitale e una nuova misura classica. Molto persuasivi sono infatti i confronti con opere del primo tempo dell’artista napoletano, intorno alla metà degli anni Venti. Tra queste, in particolare, citiamo l’Adorazione dei Magi in collezione privata a Filadelfia, e più ancora una Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Giovannino di raccolta privata, per quanto può intuirsi da una vecchia fotografia (S. Schuetze – T. Willette, Massimo Stanzione. L’opera completa, Napoli 1992, A 12 3 fig. 110; B 6 e fig. 360, rispettivamente).

 

Stima   € 50.000 / 70.000
35

Niccolò o Angelo Stanchi

(Roma, seconda metà del XVII secolo)

VASO DI ROSE E FRUTTA SU LASTRA DI PIETRA

VASO DI GAROFANI E FRUTTA SU LASTRA DI PIETRA, CON UN UCCELLINO

coppia di dipinti ad olio su tela, cm 55,5X100 ciascuno                   

(2)                                                      

 

 

Sebbene la presentazione di frutta e fiori su fondo oscuro richiami il primo tempo della natura morta romana, la sapiente articolazione di volumi e colori sulle lastre di pietra nei dipinti qui offerti rimanda alla maturità del genere nella seconda metà del secolo, quando la presentazione di frutta e fiori all’aperto era ormai prevalente.

Entrambi i modelli convivevano nella bottega romana di Niccolò (1623 – circa 1690) e Angelo Stanchi (1626 – dopo il 1673), ricercatissima a Roma per dipinti su tela e per decorazioni a fresco documentate da inventari e documenti di pagamento anche se non più conservate.

Il confronto con la produzione da cavalletto degli artisti romani, analizzata da Maria Silvia Proni (in G. e U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630 – 1750, Viadana 2005, pp. 245-328) con grande varietà di esempi, suggerisce di attribuire alla loro attività piuttosto che a quella del fratello più anziano Giovanni l’esecuzione della coppia qui presentata. È infatti vicina per composizione e cromìa a tele catalogate dalla Proni al periodo tardo della bottega “Stanchi” probabilmente diretta da Niccolò, i cui modelli oltrepasseranno la soglia del Settecento attraverso l’allievo Giovanni Paolo Cennini.

 

 

                

Stima   € 30.000 / 40.000
36
Stima   € 60.000 / 80.000
40

Giuseppe Zocchi

(Firenze 1716 - 1767)

L’INCONTRO DI JEPHTE CON LA FIGLIA

olio su tela, cm 47x61,5

Il dipinto è offerto insieme al relativo disegno preparatorio ad inchiostro bruno e acquerello su carta mm 190x260

 

Provenienza

Collezione privata;

New York, Colnaghi, fino al 1987;

collezione privata;

Londra, Sotheby’s, 11 dicembre 2003, n. 202;

Roma, Alfredo Pallesi;

Roma, collezione privata;

 

Bibliografia

G. Sestieri, Il Capriccio Architettonico in Italia nel XVII e XVIII secolo, Roma 2015, III, pp. 332-333, figg. 5 e 5,1.

 

Protagonista del vedutismo fiorentino ma ricercato altresì come frescante, paesista, disegnatore e incisore, Zocchi legò la sua fortuna e il suo nome al mecenatismo del marchese Andrea Gerini, cui fu debitore della formazione tra Roma e Venezia e della committenza della sua opera più nota, le due serie di vedute dedicate alla città e alle ville di Firenze, incise dai suoi disegni originali e pubblicate a partire dal 1744.

Alla committenza dei marchesi Gerini rimanda, se pure indirettamente, il dipinto qui offerto, legato nel tema vetero-testamentario, nelle dimensioni e nello stile al Trionfo di David da tempo riconosciuto come proveniente da quella raccolta. Nel pubblicare il dipinto (passato in asta da Christie’s a Londra nel dicembre 1987) Alessandro Tosi ne proponeva giustamente l’identificazione con il Trionfo di David: Architettura, e alquante figure descritto al n. 65 del catalogo di vendita della collezione Gerini redatto nel 1825 da Pietro Benvenuti e François-Xavier Fabre, con le stime di Giuseppe Bezzuoli (A. Tosi, Inventare la realtà. Giuseppe Zocchi e la Toscana del Settecento, Firenze 1997, pp. 118-19). Il dipinto citato reca la firma dell’autore e la data da Venezia nel 1749: un’indicazione cronologica che sarà opportuno estendere anche al nostro, che solo l’andamento compositivo da sinistra a destra, coincidente con quello del Trionfo di David, impedisce di considerare suo effettivo pendant. Nella collezione Gerini la tela citata si accompagnava invece al Trionfo di Giuditta, apparentemente non ancora riemerso. Entrambi i soggetti citati, insieme a quello più raro del dipinto qui offerto e ad altri relativi ai cicli di Giuseppe e di Mosè, furono ripresi da Zocchi nelle illustrazioni del Vecchio Testamento incise da Francesco Bartolozzi e pubblicate a Venezia da Giuseppe Wagner nel 1758. Appena variato nello sfondo ma per il resto in tutto corrispondente al dipinto, il disegno che lo accompagna fu probabilmente eseguito ai fini della presentazione al committente. Anche il Trionfo di Davide già in collezione Gerini era stato preceduto da un disegno in tutto simile al nostro: diviso ormai dal dipinto, passò in asta da Sotheby’s a Londra nel 1991.

 

 

Stima   € 40.000 / 60.000
Aggiudicazione  Registrazione
41

Giuseppe Zocchi

(Firenze 1716 - 1767)

CAPRICCI CON FIGURE IN RIPOSO TRA ROVINE CLASSICHE

coppia di dipinti ad olio su tela, cm 48x33,5

(2)

 

Nella sua attività multiforme, Giuseppe Zocchi seppe alternare con versatile facilità l’obiettività rigorosa del vedutista in grado di definire l’immagine della città moderna alla vena apparentemente svagata dell’inventore di capricci di rovine e paesaggi bucolici.

Quest’ultimo aspetto trova la sua espressione più felice nelle numerose invenzioni, condotte a penna e talvolta ripetute a olio su tela, destinate all’Opificio delle Pietre Dure presso il quale, a partire dal 1754, Zocchi ebbe il ruolo di “Pittore dei Quadri e Lavori da farsi”, ovvero disegnatore e progettista, ottenendo così il riconoscimento ufficiale di una attività esercitata per la Galleria fin dal 1750.

È in questo contesto che nascono i suoi paesaggi d’invenzione popolati da “macchiette” alludenti alle Stagioni o ai Cinque Sensi, o semplici presenze tra rovine classicheggianti. Suoi modelli, in quest’ultimo caso, gli artisti romani del secondo Seicento, come Giovanni Ghisolfi, o esatti contemporanei come Giovanni Paolo Panini e Andrea Locatelli, di cui talvolta Zocchi riprese testualmente le invenzioni, come nel Paesaggio con una Sibilla e la piramide Cestia. Non a caso, due tra i suoi paesaggi più belli arricchiti da scene popolari a piccole figure, vere e proprie “bambocciate”, furono attribuiti a Locatelli fino al ritrovamento delle incisioni che ne certificavano la paternità di Zocchi e la committenza dei marchesi Gerini.

È del 1751 il pagamento per la coppia di Rovine con figure tuttora conservate presso l’Opificio delle Pietre Dure a Firenze (A. Tosi, Inventare la realtà. Giuseppe Zocchi e la Toscana del Settecento, Firenze 1997, p. 142; riprodotte a colori alle pagine 144-45) di cui i dipinti qui offerti costituiscono la replica sostanzialmente fedele, o comunque priva di varianti significative. La delicata gamma cromatica, tutta giocata su toni freddi e luminosi in relazione alle tarsie marmoree che dai dipinti sarebbero derivate, è l’elemento distintivo del paesismo di Zocchi rispetto all’austero modello romano.

 

Stima   € 20.000 / 30.000
45

Heinrich Schmidt

(Ottweiler 1740 - Darmstadt 1821)

LA MORTE DI CLEOPATRA

olio su tela, cm 97x112

firmato e datato "Schmidt Roma 1797" in basso a sinistra sulla base della colonna

 

Corredato da attestato di libera circolazione

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Provenienza

Collezione privata, Napoli

 

 

Attivo a Roma dal 1787, Heinrich Schmidt fu evidentemente sensibile al gusto egittizzante che alla fine del settimo decennio del secolo aveva trovato la sua più stravagante e sofisticata manifestazione nelle Diverse maniere di ornare i camini, pubblicato da Giovan Battista Piranesi nel 1769 e nella realizzazione della sala Egizia di Villa Borghese, disegnata da Tommaso Conca, nel 1778-79.

Sebbene depurata dal rigore neoclassico e giustificata dal soggetto dell’opera, questa tendenza è evidente nel dipinto qui offerto, che precede di alcuni anni la più ampia diffusione “retour d’Egypte” all’inizio del nuovo secolo.

In significativo anticipo su manufatti realizzati a Napoli alla corte di Gioacchino Murat, presso la quale Schmidt fu attivo dopo il 1811, il dipinto qui offerto mostra ad esempio il trono di Cleopatra ornato da sfingi che ne sorreggono i braccioli, in tutto simile a una serie di sedie realizzate nei primi anni dell’Ottocento, ora nel Palazzo Reale di Napoli (cfr. E. Colle, Il mobile Impero in Italia. Arredi e decorazioni d’interni in Italia dal 1800 al 1843, Milano 1998, p. 52, ill., p. 394, 9 a). Altre sfingi in bronzo dorato ornano la base del versatoio sul tavolo, e una divinità egizia (Iside?) si intravvede in una nicchia sullo sfondo.

 

Stima   € 25.000 / 30.000
31 - 46  di 46