Porcellane e ceramiche dai secc. XVIII al XX, Arredi, Oggetti d'arte e mobili antichi, Dipinti antichi

19 GIUGNO 2009

Porcellane e ceramiche dai secc. XVIII al XX, Arredi, Oggetti d'arte e mobili antichi, Dipinti antichi

Asta, 0157
Firenze, Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo Albizi, 26
 
 
 

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Santi di Tito (Borgo San Sepolcro 1536? Firenze 1603) RITRATTO DI GENTILDONNA olio su tavola panchettata, cm 92x73,5 restauri reca expertise scritta di Nadia Bastogi, Firenze 4 dicembre 2008 Il dipinto, eseguito su tavola, è unopera di indubbia qualità che presenta caratteri stilistici riconducibili alla mano di Santi di Tito, esponente di primo piano della pittura fiorentina riformata degli ultimi decenni del Cinquecento, impegnato con la sua bottega soprattutto nellesecuzione di dipinti sacri e di ritratti. Lopera raffigura una giovane gentildonna il cui alto rango sociale è testimoniato dalla ricchezza dellabbigliamento e dei gioielli che indossa. La foggia dellabito, ben reso pittoricamente nei particolari decorativi e nella qualità delle stoffe, ci permette di puntualizzare la datazione dellopera tra la seconda metà degli anni settanta e gli anni ottanta del Cinquecento.Giocato sul raffinato accostamento del bianco e delloro, adatto alla giovane età della fanciulla, esso si connota per la veste di damasco ornata dalle passamanerie con ricami in oro applicate in verticale sul corpetto, rifinito da bottoni gioiello, e sul bordo dellabito, il cui punto di vita è sottolineato dalla preziosa cintura lavorata in oro e pietre secondo modelli in voga negli ultimi decenni del secolo. Le maniche in seta con decori a strisce orizzontali in filo dorato, di un tessuto pregiato molto in uso in questo periodo, si attaccano alla veste tramite i doppi spallini, detti paragoni, che, nella forma a rullo con sbuffi e nella posizione in verticale sulla spalla, indicano una foggia in voga dalla metà degli anni settanta per tutto il decennio successivo. A questo momento riconduce anche il tipo del colletto di lino, ampio e rialzato dietro la nuca, adorno di ruches rifinite da sottili trine che si saldano in basso ad anello continuo, facendo intravedere la sottana e lasciando scoperta la parte alta del petto con il filo di perle che impreziosisce il collo. Anche lacconciatura rispecchia la moda di questi anni con i capelli rialzati sulla testa e la scriminatura centrale adorna da un prezioso gioiello con una perla. La mancanza di stemmi o iscrizioni e di notizie sulla provenienza dellopera non consente di identificare con certezza la giovane nobildonna, certo esponente di una delle famiglie fiorentine più in vista, che si adegua alla moda e alla ricchezza di abbigliamento proposta dalle granduchesse regnanti, della cui corte fece probabilmente parte. Sia limpostazione compositiva del ritratto, sia la stilizzazione tipologica della figura, sia, ancora, la conduzione pittorica, riconducono agli esempi della ritrattistica di Santi di Tito, chiamato ad effigiare i membri della famiglia Medici ma altrettanto richiesto da una committenza di nobili famiglie ed esponenti della borghesia cittadina per i quali eseguiva ritratti  grande facilità e somigliantissimi dal vivo (cfr. F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1728] ed. 1974-1975, II, p. 540). Lapprezzamento dei contemporanei per essi è testimoniato dalla frequenza delle citazioni negli inventari delle collezioni e dalle fonti che ricordano come egli avesse  genio a ritratti facendone una delle attività principali della bottega con limpiego dei giovani allievi a cui era riservata per lo più lesecuzione dei vestiti e degli sfondi (cfr. Ivi, III, p. 37, II, p. 540) e ricorrendo, soprattutto nellultimo decennio del secolo, alla collaborazione del figlio Tiberio che ne proseguì lattività in questo genere. Nel nostro dipinto, tipica di Santi è limpostazione della figura, colta con un taglio ravvicinato, in piedi e in posa leggermente di tre quarti, posta contro uno sfondo aulico, caratterizzato da una colonna in pietra e da un drappo rosso che si apre scenograficamente sul lato destro, mentre a sinistra si intravede lo spigolo di un tavolo coperto da un panno rosa su cui poggiano un libro e un vaso di cristallo con rose e altri fiori. Di epoca successiva è, invece, la ridipintura scura che circoscrive la figura entro un profilo centinato, tagliandone anche parte dellacconciatura. Peculiare dellartista sansepolcrese è la capacità di ricondurre la fisionomia del personaggio a tratti di idealizzata regolarità formale dal limpido impianto disegnativi che conferisce nobiltà e bellezza alla figura senza togliere la caratterizzazione individuale e un approccio di intima naturalezza. Si notino il tornito ovale del volto impostato sul collo cilindrico; le definite arcate sopraccigliari che incorniciano gli occhi dallo sguardo dolce e vivace ad un tempo, sottolineati dal tipico modo di dare una leggera penombra sotto le palpebre e vicino al naso con pennellate sfumate, mentre un sottile segno scuro ne definisce il contorno superiore; il naso regolare attraversato da una pennellata luminosa; la bocca sottile e disegnata. Cifra distintiva del nostro artista sono la posa e la resa tipologica della mano che stringe i guanti, carnosa e semplificata, del tutto diversa dalle più articolate e affusolate stilizzazioni di eco michelangiolesca di Alessandro Allori, e degli epigoni del tardo manierismo, così come la resa dellaltra mano che stringe un fazzoletto, che si può presumere in gran parte perduta a causa di una leggera riduzione del formato della tavola, forse per adeguarla ad una diversa collocazione. Esse ricalcano alla lettera le mani presenti in numerosi ritratti di Santi. Pur tenendo conto di alcuni interventi di ridipintura successivi, la conduzione pittorica del Titi si manifesta chiaramente nella resa degli incarnati, levigata e attenta ai valori luministici ma dal palpito

Santi di Tito (Borgo San Sepolcro 1536? Firenze 1603) RITRATTO DI GENTILDONNA olio su tavola panchettata, cm 92x73,5 restauri reca expertise scritta di Nadia Bastogi, Firenze 4 dicembre 2008 Il dipinto, eseguito su tavola, è unopera di indubbia qualità che presenta caratteri stilistici riconducibili alla mano di Santi di Tito, esponente di primo piano della pittura fiorentina riformata degli ultimi decenni del Cinquecento, impegnato con la sua bottega soprattutto nellesecuzione di dipinti sacri e di ritratti. Lopera raffigura una giovane gentildonna il cui alto rango sociale è testimoniato dalla ricchezza dellabbigliamento e dei gioielli che indossa. La foggia dellabito, ben reso pittoricamente nei particolari decorativi e nella qualità delle stoffe, ci permette di puntualizzare la datazione dellopera tra la seconda metà degli anni settanta e gli anni ottanta del Cinquecento.Giocato sul raffinato accostamento del bianco e delloro, adatto alla giovane età della fanciulla, esso si connota per la veste di damasco ornata dalle passamanerie con ricami in oro applicate in verticale sul corpetto, rifinito da bottoni gioiello, e sul bordo dellabito, il cui punto di vita è sottolineato dalla preziosa cintura lavorata in oro e pietre secondo modelli in voga negli ultimi decenni del secolo. Le maniche in seta con decori a strisce orizzontali in filo dorato, di un tessuto pregiato molto in uso in questo periodo, si attaccano alla veste tramite i doppi spallini, detti paragoni, che, nella forma a rullo con sbuffi e nella posizione in verticale sulla spalla, indicano una foggia in voga dalla metà degli anni settanta per tutto il decennio successivo. A questo momento riconduce anche il tipo del colletto di lino, ampio e rialzato dietro la nuca, adorno di ruches rifinite da sottili trine che si saldano in basso ad anello continuo, facendo intravedere la sottana e lasciando scoperta la parte alta del petto con il filo di perle che impreziosisce il collo. Anche lacconciatura rispecchia la moda di questi anni con i capelli rialzati sulla testa e la scriminatura centrale adorna da un prezioso gioiello con una perla. La mancanza di stemmi o iscrizioni e di notizie sulla provenienza dellopera non consente di identificare con certezza la giovane nobildonna, certo esponente di una delle famiglie fiorentine più in vista, che si adegua alla moda e alla ricchezza di abbigliamento proposta dalle granduchesse regnanti, della cui corte fece probabilmente parte. Sia limpostazione compositiva del ritratto, sia la stilizzazione tipologica della figura, sia, ancora, la conduzione pittorica, riconducono agli esempi della ritrattistica di Santi di Tito, chiamato ad effigiare i membri della famiglia Medici ma altrettanto richiesto da una committenza di nobili famiglie ed esponenti della borghesia cittadina per i quali eseguiva ritratti  grande facilità e somigliantissimi dal vivo (cfr. F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1728] ed. 1974-1975, II, p. 540). Lapprezzamento dei contemporanei per essi è testimoniato dalla frequenza delle citazioni negli inventari delle collezioni e dalle fonti che ricordano come egli avesse  genio a ritratti facendone una delle attività principali della bottega con limpiego dei giovani allievi a cui era riservata per lo più lesecuzione dei vestiti e degli sfondi (cfr. Ivi, III, p. 37, II, p. 540) e ricorrendo, soprattutto nellultimo decennio del secolo, alla collaborazione del figlio Tiberio che ne proseguì lattività in questo genere. Nel nostro dipinto, tipica di Santi è limpostazione della figura, colta con un taglio ravvicinato, in piedi e in posa leggermente di tre quarti, posta contro uno sfondo aulico, caratterizzato da una colonna in pietra e da un drappo rosso che si apre scenograficamente sul lato destro, mentre a sinistra si intravede lo spigolo di un tavolo coperto da un panno rosa su cui poggiano un libro e un vaso di cristallo con rose e altri fiori. Di epoca successiva è, invece, la ridipintura scura che circoscrive la figura entro un profilo centinato, tagliandone anche parte dellacconciatura. Peculiare dellartista sansepolcrese è la capacità di ricondurre la fisionomia del personaggio a tratti di idealizzata regolarità formale dal limpido impianto disegnativi che conferisce nobiltà e bellezza alla figura senza togliere la caratterizzazione individuale e un approccio di intima naturalezza. Si notino il tornito ovale del volto impostato sul collo cilindrico; le definite arcate sopraccigliari che incorniciano gli occhi dallo sguardo dolce e vivace ad un tempo, sottolineati dal tipico modo di dare una leggera penombra sotto le palpebre e vicino al naso con pennellate sfumate, mentre un sottile segno scuro ne definisce il contorno superiore; il naso regolare attraversato da una pennellata luminosa; la bocca sottile e disegnata. Cifra distintiva del nostro artista sono la posa e la resa tipologica della mano che stringe i guanti, carnosa e semplificata, del tutto diversa dalle più articolate e affusolate stilizzazioni di eco michelangiolesca di Alessandro Allori, e degli epigoni del tardo manierismo, così come la resa dellaltra mano che stringe un fazzoletto, che si può presumere in gran parte perduta a causa di una leggera riduzione del formato della tavola, forse per adeguarla ad una diversa collocazione. Esse ricalcano alla lettera le mani presenti in numerosi ritratti di Santi. Pur tenendo conto di alcuni interventi di ridipintura successivi, la conduzione pittorica del Titi si manifesta chiaramente nella resa degli incarnati, levigata e attenta ai valori luministici ma dal palpito
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Bottega di Benedetto da Maiano, inizi sec. XVI MADONNA COL BAMBINO, SAN GIOVANNINO E CHERUBINI bassorilievo in terracotta policroma, cm 65x45, entro cornice in legno a tabernacolo di fine Ottocento, cm 113,5x88; sul retro, pannello di copertura, sec. XX, decorato a finto marmo con stemmi di Siena (la Balzana), di Firenze (il Giglio) e del Monte dei Paschi (la Balzana con i tre monti), probabilmente come dono della banca senese a commemorazione di una occasione celebrativa. restauri e alcune cadute di colore e parte di policromia ripresa Il rilievo riprende da uno dei più fortunati modelli di Benedetto da Maiano, di cui esistono numerosissime altre versioni in collezioni pubbliche e private. Un esemplare simile ma con alcune piccole varianti, in particolare nella resa del cherubino in basso, è conservato presso il Museo Bardini, Firenze, corredato di una cornice a tabernacolo riccamente intagliata a motivi rinascimentali. Unaltra versione antica con una cornice dipinta quattrocentesca è stata recentemente esposta alla Mostra tenutasi a Perugia su Pinturicchio. Questultima, conservata a Perugina presso il Museo della Cattedrale, è un esemplare in terracotta con la stessa composizione ma la policromia diversa, inserita entro un tabernacolo ligneo dipinto a tempera riferito a Nicolò di Priore, documentato a Perugia dal 1473 al 1498. Si ritiene che sia questo che il bassorilievo da noi proposto derivino da un prototipo in terracotta di Benedetto da Maiano databile nei primi anni novanta del Quattrocento, oggi esposto presso il Victoria and Albert Museum di Londra (Pope Hennessy 1964, I, pp. 161-162). Cfr.: Il Museo Bardini a Firenze, a c. di E. Neeri Lusanna e L. Faedo, vol II, Firenze 1986, tev. 247, scheda n. 216, p. 265; P. Scarpellini, in Pintoricchio, a cura di V. Garibaldi e F.F. Mancini, catalogo della mostra, Perugina 2 febbraio-29 giugno 2008, scheda n. 14, p. 194

Bottega di Benedetto da Maiano, inizi sec. XVI MADONNA COL BAMBINO, SAN GIOVANNINO E CHERUBINI bassorilievo in terracotta policroma, cm 65x45, entro cornice in legno a tabernacolo di fine Ottocento, cm 113,5x88; sul retro, pannello di copertura, sec. XX, decorato a finto marmo con stemmi di Siena (la Balzana), di Firenze (il Giglio) e del Monte dei Paschi (la Balzana con i tre monti), probabilmente come dono della banca senese a commemorazione di una occasione celebrativa. restauri e alcune cadute di colore e parte di policromia ripresa Il rilievo riprende da uno dei più fortunati modelli di Benedetto da Maiano, di cui esistono numerosissime altre versioni in collezioni pubbliche e private. Un esemplare simile ma con alcune piccole varianti, in particolare nella resa del cherubino in basso, è conservato presso il Museo Bardini, Firenze, corredato di una cornice a tabernacolo riccamente intagliata a motivi rinascimentali. Unaltra versione antica con una cornice dipinta quattrocentesca è stata recentemente esposta alla Mostra tenutasi a Perugia su Pinturicchio. Questultima, conservata a Perugina presso il Museo della Cattedrale, è un esemplare in terracotta con la stessa composizione ma la policromia diversa, inserita entro un tabernacolo ligneo dipinto a tempera riferito a Nicolò di Priore, documentato a Perugia dal 1473 al 1498. Si ritiene che sia questo che il bassorilievo da noi proposto derivino da un prototipo in terracotta di Benedetto da Maiano databile nei primi anni novanta del Quattrocento, oggi esposto presso il Victoria and Albert Museum di Londra (Pope Hennessy 1964, I, pp. 161-162). Cfr.: Il Museo Bardini a Firenze, a c. di E. Neeri Lusanna e L. Faedo, vol II, Firenze 1986, tev. 247, scheda n. 216, p. 265; P. Scarpellini, in Pintoricchio, a cura di V. Garibaldi e F.F. Mancini, catalogo della mostra, Perugina 2 febbraio-29 giugno 2008, scheda n. 14, p. 194
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