40 SELEZIONATI DIPINTI DELL'800

17 NOVEMBRE 2015
Asta, 0074
178

Vincenzo Migliaro

Stima
€ 40.000 / 50.000

Vincenzo Migliaro

(Napoli 1858 - 1938)

VECCHIA NAPOLI o MERCATO SPAGNOLO

olio su tavola, cm 47,5x32

firmato e iscritto "Napoli" in basso a sinistra

sul retro: etichetta con iscritto "Marché espanol par Migliaro 6.." e timbro con iscritto "Santiago del Cile"

 

Sulla targhetta apposta sulla cornice il dipinto è titolato "Via Purgatorio d'Arco" (strada nei pressi di via dei Tribunali, decumano maggiore dell'antica Napoli).

 

Vincenzo Migliaro (1858-1938), dopo aver vinto nel 1877 il secondo posto al Concorso Nazionale di Pittura tra gli alunni delle Accademie di Belle Arti, pagato il primo tributo di iniziazione alla pittura verista di Gioacchino Toma, si recò in Francia per un breve periodo. Ma la malìa della sua città natia lo costrinse a ritornare a Napoli, dove cominciò a frequentare una birreria a ridosso del Castello angioino, "Lo Strasburgo", che era il ritrovo preferito di pittori come Caprile e Pratella, oltre che di alcuni letterati come Edoardo Scarfoglio e il poeta Salvatore Di Giacomo. Di quest'ultimo Migliaro, in particolare, ammirava il modo di descrivere gli usi e i costumi della quotidianità napoletana. La stessa che il pittore voleva raccontare scrutandola negli angiporti, sotto gli archi e perfino all’interno di qualche basso della sua città e che costituivano la fitta trama dei quattro quartieri della Vicaria, Pendino, Mercato e Porto. Fu dagli inizi degli anni '80, che Migliaro si inoltrò in quei luoghi per proporre delle plastiche riprese di impressioni popolari e colorite sensualità. Con ciò egli documentò e in alcuni casi denunciò, marchiando di emozioni, come dei graffiti primordiali, la sottile diga posta ad argine dal pittoresco commerciale, contraddittoriamente sognante e spensierato. Per questo motivo, Migliaro va disgiunto da quella facile pittura di genere alla quale, per una serie di equivoci critici, a volte viene accostato: il racconto confuso con l'aneddoto, la scrittura con la calligrafia, il verismo con il folclore. Invece, in quel timbro incisivo, in quelle riconoscibili icone, in quel suo linguaggio simbolico, risiede l'arte di Migliaro.

Lo spunto per il quadro che lo rese famoso glielo diede, un giorno, una bella acquaiola che si trovava a due passi dallo "Strasburgo". Di fronte al Maschio Angioino, a Piazza Francese, attiguo al Teatro Mercadante, sorgeva un chiosco dell’acqua sulfurea. Migliaro, ci si soffermava spesso annotando le emozioni e gli effetti di colore tra quel mondo variopinto di venditori di robe vecchie, scrivani pubblici e sfaccendati. Fu così che, da quel piccolo microcosmo, il pittore fece nascere Piazza Francese, opera che, presentata all'Esposizione nazionale di Torino nel 1884, riscosse un enorme successo di critica e di pubblico e fu acquistata dal Khedivé d'Egitto, Ismail Pascià, che con tutta la sua variopinta corte soggiornava in quegli anni nella "Favorita" di Portici.

Sull'onda di quel successo e con il crescere del numero di richieste da parte dei collezionisti, Migliaro sviluppò una serie di varianti di Piazza Francese o Vecchia Napoli, con lo scopo di raccogliere una testimonianza topografica nella quale inserire quella tipologia femminile di donna forte e volitiva, dallo sguardo magnetico che è una sua costante, oltre a quel pathos della popolazione dei vicoli, dando una forma ed un'emozione alle realtà locali dove tutto poteva essere rappresentato in commedia o dramma.

La stessa emozione che traspare dalla tavoletta in asta dal titolo Vecchia Napoli, che rappresenta un ampio slargo occupato da botteghe ed ambulanti. Probabilmente una delle reinterpretazioni del pittore di quegli spiazzi mercatali all’interno dei Decumani. Lo slargo, proprio per le particolarità dell’edificio che si pone di fronte, con i portici al cui interno si affollano le attività commerciali, potrebbe essere l’indizio principale per far collimare la ripresa nell'ampio vico Cinquesanti che si affacciava sulla strada de' Tribunali prospiciente la chiesa di San Paolo Maggiore, ed era il tratto di via che dalla chiesa corre sino all’angolo di vico Nilo, intersecandosi con i tanti vicoli che attraversando il quartiere Pendino, arrivano al Porto.

Ma è la scena che ci rapisce con la piazzetta affollata di botteghe, bancarelle e viandanti che ne occupano il perimetro nel quale il sole, penetrando tra le alte case, colpisce la bella fruttivendola in primo piano, sottolineandone il candido grembiule da lavoro. Ovviamente a dare una "storia" alla scena non poteva mancare il baffuto perdigiorno, con gilet e bombetta alla moda, assorto ad ascoltare le confidenze della sensuale venditrice. Ancora una volta la pittura pastosa di Migliaro ci colpisce per quel suo talento puro. Una forza della natura che frantuma ogni tentativo di incasellarlo con una etichetta arbitraria di espressionista. Migliaro, fu soprattutto un prodigio dell'istinto, un artista con una grande tavolozza nel cuore. La stessa a cui si affida per illustrare il quadro all'asta Vecchia Napoli, allorquando colloca sulla scena altri tipi umani che sembrano appena usciti dalle tavole degli "Usi e costumi di Napoli" del De Bourcard ed in particolare quella vecchina a sinistra che rimanda alla pittura sognante di Dalbono, a cui il Migliaro sembra rendere omaggio pur rimarcando, nel complesso dell'opera, tutto quel realismo che fece scrivere a Libero Bovio nel '38, che Dalbono è Napoli che sogna, Migliaro è Napoli che vive.

 

Rosario Caputo