Importanti Dipinti Antichi

17 NOVEMBRE 2015
Asta, 0073
214

Intagliatore attivo nella bottega di Filippo Calendario, ultimo quarto sec. XIV

Stima
€ 18.000 / 25.000
Aggiudicazione  Registrazione

Intagliatore attivo nella bottega di Filippo Calendario, ultimo quarto sec. XIV

SAN BARTOLOMEO APOSTOLO

scultura in legno intagliato e policromato, cm 140 × 35 ca.

 

La statua lignea qui presentata è di eccellente qualità, appena intaccata da perdite non gravi di policromia e di materia lignea. E’ scavata sul retro e denuncia una tenuta coerente anche nella visione laterale, confortando l’ipotesi che sia in origine appartenuta ad un tramezzo oppure ad un manufatto altaristico. L’identificazione del santo come san Bartolomeo è garantita dal frammento di manico che egli impugna nella mano destra, di forma cilindrica e che presenta l’alveo dove era poi inserita la lama del coltello – di cui restano alcuni segni - usato per martirizzarlo.

La statica della figura vuol suggerire un lievissimo moto del corpo che prevede un appoggio maggiore sulla gamba destra, consentendo così di accentuare, sempre in termini minimi, sia un retrocedere serpentinato del busto, sia un gioco delle pieghe morbidamente discendenti a sinistra, sia l’accento sull’attributo del libro delle Sacre Scritture tenuto nella mano sinistra. Il  vocabolario del panneggio è debitore degli stilemi dell’ultimo quarto del XIV secolo: sciolto, cadenzato e rilevato considerevolmente sul davanti del manto, racchiude un abile e sottile gioco di bilanciamento tra superfici lisce, ove la luce possa cadere ed espandersi, e zone di pieghe ove poter addensarsi. Le caratteristiche formali dell’apostolo Bartolomeo, insomma, indicano una cronologia tutta gotico-internazionale. Altre utili indicazioni possono venirci dall’osservazione del volto. Mentre la capigliatura mostra un intaglio – credo volutamente - poco dettagliato, sensibile e raffinata si rivela la definizione del volto, con quello scivolare attento dei piani volumetrici tanto da segnalare il serrarsi inconsapevole della mascella e lo sporgere del labbro inferiore. L’intero volto ci appare così come sprofondato in una meditazione severa e pacata al tempo stesso. La sicurezza del procedimento d’intaglio presuppone indubbiamente il riferimento a un modello su cui ci si è a lungo addestrati, ma molto raro da incontrare se non nella produzione di Filippo Calendario.

Va valutato poi il peso che sul modellato rivela avere avuto la stesura pittorica: negli incarnati, in gran parte originali, essa ricopre infatti un ruolo essenziale: l’asciutta determinazione del volto intellettuale del Santo, così come la direzione bassa del suo sguardo quasi risucchiato dall’imponderabile, e il serrarsi volitivo delle piccole labbra sono tutte frutto dell’interpretazione pittorica (NOTA1).

Il legame profondo che l’opera in esame intrattiene con i modelli e il bagaglio formale propri alla bottega di Filippo Calendario, il sommo architetto del Palazzo dei Dogi e autore, tra 1340 e 1355, di gran parte delle sculture che lo ornano (NOTA2),  va colto nel realismo preciso ma idealizzato del volto, nelle spalle palesemente sfuggenti, nelle proporzioni tra testa e corpo, nell’asciuttezza elegante del panneggio, e ancora nell’impronta vitale che percorre la figura, con quella flessibile pregnanza tra contenuto e forma che mastro Filippo riusciva a conferire alle sue figurazioni. La costruzione dei bulbi oculari, la struttura delle labbra e mento rammentano inoltre quelle, ad esempio, dell’Allegoria di Venezia (quadrifora sulla facciata occidentale del Palazzo Ducale), o svariati volti asciutti e concentrati come quello dello sbozzapietra sul capitello degli Artigiani o quello arguto dell’Aristoteles Dialecticus sul capitello dei Sapienti (XX, oggi ricoverato presso il Museo dell’Opera di Palazzo ducale). A tutt’oggi non ci è nota nessuna scultura lignea sgorgata dal fervido cantiere di Calendario, ed è per questo che l’attribuzione, così chiara nei confronti formali e stilistici, rimane avvolta da una certa incertezza perché non supportata sul  piano documentario. Ma non sarebbe certo la prima volta, e Venezia non fa eccezione in questo, che una bottega scultorea fosse organizzata in modo da proporre varianti in materiale ligneo di suoi modelli in pietra e marmo.

E’ noto che l’arte raffinata, originalissima e di grande finezza espressiva di Filippo Calendario lasciò pochissimi riflessi e quasi nessuna eredità alle generazioni lagunari successive, fors’anche per l’infamia legata al gesto di tradimento da lui compiuto contro la Repubblica, pagato con la stessa vita. Un motivo in più per riguardare a questo nobilissimo simulacro come ad una delle rare testimonianze, stavolta arricchita da finissima policromia, della sua arte sublime (NOTA3).

 

 Serenella Castri

 

Note:

1 Si osservi  tra l’altro lo spessore della preparazione sul quale è poi stesa, con ripetute velature, la tempera sul volto: indizio che esplicita il procedimento di “finitura” plastico-pittorica per mano del pittore, di certo esperto in questo genere di operazioni di completamento di figure lignee.

2  Il capitello dei Sapienti reca, sulla tavoletta in mano al Pitagora, la data 1344. Per Calendario († 1355), maestro di straordinaria ‘precocità’ gotica in una Venezia ancora tutta impregnata di tradizione bizantina, cfr. soprattutto il capitolo Filippo Calendario, del saggio di W. Wolters, Die venezianische Skulptur von 1300 bis 1460, in Venedig, Kunst & Architektur, a cura di G. Romanelli, Könemann, Köln 1997 (ed. it. Magnus 1997), pp. 156-175: 158-164 (citiamo dalla versione in lingua originale) e S. Sponza, Pittura e scultura a Venezia nel Trecento: divergenze e convergenze, in La pittura nel Veneto, Il Trecento, a cura di M. Lucco, II, Electa, Milano 1992, pp. 409-441: 418-424. Sebbene la bottega di Calendario fosse sicuramente di non poco, benché eletto numero, e fors’anche in grado di avvalersi di artisti europei (avignonesi?) o almeno di suggestioni e fonti di respiro europeo, l’autografia e la supervisione del Maestro rimasero caratteristiche tangibili nella messa in opera dei capitelli di Palazzo ducale. Percepibili sono dunque, secondo Wolters, anche gli interventi diretti dei suoi collaboratori.

3 Il testo qui presentato è una rielaborazione della scheda n. 3 a cura della scrivente all’interno del catalogo della mostra Sculptores, Opere scelte della collezione Fornaro Gaggioli, secoli XIV-XVII (Bologna, Antichità all’Oratorio, 26 nov. – 24 dic. 2003) a cura di Rosalia Fornaro e Giuliano Gaggioli, Bologna 2005, pp. 14-19.