Importanti Dipinti Antichi

17 NOVEMBRE 2015
Asta, 0073
210

Barnaba da Modena

Stima
€ 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione

Barnaba da Modena

(documentato a Genova dal 1361 – 1386)

MADONNA COL BAMBINO

tempera e oro su tavola, cm 24 x 15,5

 

Provenienza

Collezione privata, Milano

 

La tavola, opera ancora inedita di Barnaba, è stata tagliata in maniera irregolare. In origine doveva chiudere in alto con una centina a cinque archetti, sottolineati dalla ricca punzonatura ad archetti trilobati: rimangono le tracce del primo e del quinto, mentre la forma degli altri tre superiori può essere ricostruita confrontando la Madonna allattante del Museo nazionale di San Matteo a Pisa, che presenta gli archetti allineati entro un’ogiva appena pronunciata, a sua volta riquadrata con l’aggiunta dell’Annunciazione entro oculi, nei pennacchi di risulta. I pennacchi tra gli archetti erano però riempiti da decori a granitura, di cui rimangono i frammenti estremi, e non già profilati da cornicette rilevate. Molte tavole di Barnaba hanno questa struttura, con arco inquadrato e oculi negli angoli. Non dissimile poteva essere la foggia di questa anconetta mariana, con le figure a mezzo busto, in un taglio ravvicinato, che con l’intensità degli sguardi punta al coinvolgimento emotivo di chi guarda.

Nel nimbo della Vergine sono inscritte le parole “ave gratia plena dom[inus tecum]”, in minuscola libraria, mentre in altre Madonne il pittore preferì eleganti capitali gotiche. Tutte le vesti erano sommerse dalla minuta crisografia bizantineggiante, più abrasa nel mantello azzurro della Madonna, estesa in origine anche sulla sua tunica rosa/rossa, più conservata sulla tunica azzurra chiara (ora deturpata da qualche ritocco verde) e sul mantello arancio risvoltato di rosa/rosso del Bambino.

Il confronto più parlante è con l’intensa Madonna col Bambino del Santuario della Rocchetta a Lerma, nell’alessandrino (E.Rossetti Brezzi, in Pittura e miniatura del Trecento in Piemonte, a cura di G.Romano, Torino 1997, pp.31-32), dove troviamo gli stessi tratti delicati e lo stesso volto gonfio del Bambino, tornito da ombre soffuse, diverso da quelli più vivaci e chiaroscurati, memori di Ambrogio Lorenzetti, consueti al pittore. In queste opere iniziali Barnaba, che pur dovette avere radici nel mondo vitalesco, sembra intercettare qualcosa di simoniano, dal Maestro della Madonna di Palazzo Venezia o da Naddo Ceccarelli, via Avignone. Sicuramente siamo ben a monte delle più sontuose e magniloquenti Madonne già nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino (1369) e della Galleria Sabauda (1370): qui prevale il tono più intimo, nella delicatezza degli sguardi e nei gesti accennati.

La Vergine sorreggeva il Figlio con entrambe le braccia, quella destra portata in primo piano, sì che il Bambino la scavalcava con la gamba destra (si riconoscono in basso la manica rosa scoperta, la gamba di Gesù oltre l’orlo del manto arancione, il carnato della mano di Maria), mentre la mano sinistra è protesa con l’indice che si sta allungando e il dito medio impigliato in un lembo del mantello del Figlio. Questo gesto non è casuale, indica a Cristo l’umanità sofferente e peccatrice, allude al ruolo di Maria mediatrix. Tenero e spontaneo è come Gesù stringe con la mano sinistra il bordo del drappo che gli gira sulle spalle e pinza l’alluce del piede sinistro con la mano opposta. L’apparente nonchalance cela in verità una simbologia. Il motivo di Gesù Bambino che con una mano afferra il piede opposto, cioè si mette in croce, dissimula nella sorgiva immediatezza infantile un’allusione al suo sacrificio per la salvezza dell’umanità, quasi un inconscio presagio. Questo tema ebbe una vasta fortuna in Liguria, essendo anche rilanciato dalla venerata Madonna del santuario di Finalpia, presso Savona, del primissimo Quattrocento. Di rimbalzo si diffuse anche a Siena (ultimo Paolo di Giovanni Fei), per il tramite di Taddeo di Bartolo, che negli anni novanta è documentato a Genova e Savona, quindi in Lombardia (per esempio in Foppa, nella Madonna Berenson). Il suo conio dovette risalire però a Barnaba da Modena e questo dipinto di devozione individuale potrebbe costituire una delle attestazioni più antiche.

Il motivo del Bambino che afferra il piede sinistro con la mano destra è simile nella Madonna di Lerma, dove è pure il gesto di intercessione, e ricorre poi nella Madonna dello Stäedel datata 1367, nel polittico di Sant’Andrea a Ripoli, nella tavoletta già Crespi-Morbio e nella tavola del Museo civico di palazzo Madama a Torino. In queste opere il Bambino è girato sul fianco, memore di esempi lorenzettiani (vedi G. Algeri, in La pittura in Liguria. Il Medioevo. Secoli XII-XIV, Genova 2011, pp. 205-236, anche per due derivazioni della cerchia, nel Museo diocesano di Chiavari e nel Santuario di N.S. della Costa a Sanremo). Qui e a Lerma è colto di prospetto, mentre solleva il piede verso di noi, con posa studiata ed originale.

 

                                                                                                                                                                        Andrea De Marchi