Importanti Maioliche Rinascimentali

1 OTTOBRE 2015
Asta, 0046
23

PIATTO DA PARATA

Stima
€ 25.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione

PIATTO DA PARATA

DERUTA O ALTO LAZIO, PRIMA METà SECOLO XVI

Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto e lustro dorato su fondo maiolicato, e sul retro, vetrina spessa leggermente azzurrata con colature e difetti di cottura.

Alt. cm 7,8; diam. cm 42,5; diam. piede cm 14.

Sotto il piede cartellino “ANTICHITÀ SCHUBERT, Corso Matteotti 22, Milano” ed etichetta rotonda stampata in rosso “Dott. Guido Rossi Milano” e numero dattiloscritto 651.

 

Il piatto ha la forma particolare delle produzioni derutesi e della zona dell’Umbria e Tuscia, mostra un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca e appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura, per consentire l’esposizione dell’opera destinata a essere appesa.

Al centro della composizione La crocifissione di Cristo: ai piedi della croce è il trigramma bernardiniano IHS, del quale la croce è parte integrante in quanto costituisce la linea lunga della lettera “h”(1). Il trigramma è scritto con un motivo a nastro circondato da un paesaggio collinare realizzato con un tratto particolarmente leggero e molto raffinato. Attorno al trigramma alcuni fioretti riempiono gli spazi vuoti, mentre ai piedi della croce spicca un oggetto non ben identificabile(2). Sulla tesa si osserva il caratteristico ornato derutese a formelle con decoro a embricazioni alternate a un fiore dalla corolla allargata, generalmente associato alle opere databili al primo ventennio del XVI secolo.

Come negli esemplari di grande qualità il decoro è stato realizzato lasciando a risparmio il fondo maiolicato, distinto dalla parte a lustro grazie a linee di ossido di cobalto stese con maggiore o minore densità, così da creare un effetto di ombreggiatura che dà profondità. Particolarmente accurato il disegno del paesaggio, delineato a tratti sottili con ombreggiature ottenute con pennellate più o meno diluite, così come nella figura del Cristo raffigurato morto, a capo chino, in cui la muscolatura e i tratti fisiognomici sono realizzati con la medesima tecnica pittorica, governata con grande maestria.

La stessa immagine riprodotta su quest’opera si trova, con varianti ma con analoga impostazione decorativa, in piatti di foggia e mano differente, a testimonianza della presenza di una comune fonte incisoria di riferimento. Dallo studio di un piatto del Museo delle Arti Decorative di Lione (3), paragonabile all’opera in esame, le autrici della schedatura ci suggeriscono che la scena derivi da una incisione lombarda della fine del secolo XV(4).

Il piatto è stato pubblicato da Aurelio Minghetti(5) nel catalogo dei ceramisti come maiolica di Deruta: l’autore ne indica la provenienza dalla collezione di maioliche del Barone Archibald Buchan Hepburn(6) e quindi all’epoca nella collezione Bolognesi di Milano.

Il piatto è rientrato sul mercato antiquario in occasione di un’asta tenutasi a Milano nel 1997(7), per poi, probabilmente, entrare nella collezione Schubert, prima della definitiva collocazione nella attuale raccolta.

 

1 Dopo il 1427 il Papa Martino V aveva ordinato di modificare il trigramma aggiungendo un tratto alla “h” per farla diventare una croce, poiché la forma originaria, con la croce collocata a sormontare la lettera, era stata usata in modo idolatrico da Umbertino da Casale, allora in odore di eresia. Il personaggio è ricordato anche da Dante, che lo cita nel canto XII del Paradiso ai versi 124-126.

2 Forse la spugna imbevuta d’aceto tipica della passione?

3 FIOCCO-GHERARDI 2005, p. 52 n. 83, nel quale la decorazione principale occupa l’intera superficie compresa la tesa. Il piatto è attribuito a Giacomo Mancini detto il Frate al periodo 1540-1550.

4 SAMEK-LUDOVICI 1960, p. 12 n.12. La mancanza dei due santi ai lati della croce rende difficile l’accostamento dell’opera a questa incisione, che è invece pertinente al piatto di confronto.

5 MINGHETTI 1959, p. 157.

6 Sappiamo che la collezione del barone Buchan Hepburn andò all’asta nel 1934 (BUCHAN-HEPBURN SALE 1934).

7 SOTHEBY’S, Milano 10-12 maggio 1997.