Dipinti Antichi

26 NOVEMBRE 2014
Asta, 0030Part 1
28

Felice Ficherelli detto il Riposo

Stima
€ 80.000 / 120.000
Aggiudicazione  Registrazione

Felice Ficherelli detto il Riposo

(San Gimignano1603-Firenze 1660)

GIUDITTA E OLOFERNE

olio su tela, cm 133x152

 

Provenienza:

collezione del marchese Gian Francesco Giaquili Ferrini, Firenze;

mercato antiquario, Firenze;

collezione privata, Firenze

 

Esposizioni:

M. Gregori, in Mostra dei tesori segreti delle case fiorentine. Catalogo della mostra, Firenze 1960, p. 43, scheda n.92, tav. 71

 

Bibliografia: M. Gregori, Mostra dei tesori segreti delle case fiorentine, catalogo della mostra, Firenze, 1960, p. 43, n. 92; M. Gregori, 70 pitture e sculture del ‘600 e ‘700 fiorentino, catalogo della mostra, Firenze, 1965, p. 19; J. Nissman, Florentine Baroque Art from American Collections, catalogo della mostra con prefazione di H. Hibbard, New York, 1969, p. 45 al n. 40; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole, 1983, n. 329; M. Winne, Later Italian Paintings in the National Gallery of Ireland, Dublino, 1986, p. 34; M. Gregori, Felice Ficherelli, voce in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, catalogo della mostra ideata da P. Bigongiari e M. Gregori, 3 voll., Firenze, 1986, III, p. 88; G. Leoncini, voce Ficherelli, Felice, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1997, XLVII, pp. 373; S. Bellesi, Collezione Gianfranco Luzzetti : primo nucleo del lascito di opere destinate al Museo Archeologico e d'Arte della Maremma, Grosseto, catalogo della mostra (Grosseto), Firenze, 1999, p. 62, al n. 14; T. Sacchi Lodispoto, in Il Male. Esercizi di Pittura Crudele, catalogo della mostra, a cura di V. Sgarbi, coordinamento di A. Algranti (Torino), Milano, 2005, p. 331; F. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino, 2009, p. 361 e tav. 172; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, 3 voll., Firenze, 2009, I, p. 145; II, p. 284, fig. 616; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, 2 voll., Pontedera, 2009, I, p. 99; II, p. 203, n. 142; A. Spiriti, Fiorentini di Vico Morcote.La cappella di San Domenico di Guzmán nella parrocchiale dei santi Fedele e Simone, in “Arte & storia, 11, 2010, 48, p. 179; S. Benassai, Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni, in Quiete invenzione e inquietudine. Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni, catalogo della mostra a cura di S. Benassai e M. Visonà, (San Giovanni Valdarno), Firenze, 2011, p. 40, fig. 23; M. Gregori, Mon incipit, presque un diario, in Florence au Grand Siècle entre peinture et literature, catalogo della mostra a cura di E. Fumagalli e M. Rossi (Ajaccio), Cinisello Balsamo, 2011, p. 13; S. Benassai, Felice Ficherelli, in corso di pubblicazione.

 

Referenze fotografiche: Fototeca del Kunsthistorisches Institut in Florenz, Mal. Bar. busta Fiandrini-Fidanza (ausser Fiasella), inv. 442896, 546161

 

Corredato di attestato di libera circolazione

 

Accompagnato da parere scritto di Silvia Benassai. Il dipinto sarà inserito dalla studiosa nella monografia  del pittore di prossima pubblicazione.

 

La tela, appartenuta alla collezione del marchese Gian Francesco Giaquili Ferrini, fu esposta alla mostra dei Tesori segreti delle case fiorentine nel 1960 e pubblicata nel relativo catalogo da Mina Gregori, alla quale si deve l’attribuzione a Felice Ficherelli di questo notevole dipinto. La stessa studiosa riferì successivamente (1965) l’opera alla fase matura del pittore di San Gimignano, nel momento in cui questi espresse una più spiccata predilezione per la rappresentazione di scene di carattere violento ed intensamente drammatico. Avvicinata da Joan Nissman (1969) alla Giuditta dell’ Art Institute di Chicago, la tela fu inclusa da Giuseppe Cantelli nel suo Repertorio della pittura fiorentina del Seicento (1983) e, in seguito, fu nuovamente oggetto degli studi di Mina Gregori (1986) e di Michael Winne (1986) che ne rilevò le affinità stilistiche con il Lot e le figlie della National Gallery of Ireland di Dublino.

Citato in numerosi, ulteriori, contributi di carattere scientifico (G. Leoncini, 1997; S. Bellesi, 1999; T. Sacchi Lodispoto, in Il Male 2005; F. Baldassari, 2009; S. Bellesi, 2009; G. Cantelli, 2009; A. Spiriti, 2010; M. Gregori, 2011) il dipinto, pubblicato anche dalla scrivente (2011), rappresenta il drammatico momento in cui Giuditta, la biblica eroina ebrea, si appresta a decapitare Oloferne, generale di Nabucodonosor, dopo averlo sedotto per liberare la propria città, Betulia, assediata dagli Assiri guidati dallo stesso Oloferne. I versetti biblici (Giuditta, 16, 9) ben esemplificano la seduzione e la feroce determinazione della giovane donna nei confronti del nemico: “I suoi sandali rapirono i suoi occhi,/ la sua bellezza avvinse il suo cuore/ e la scimitarra gli troncò il collo”.

La scelta di rappresentare il momento di maggior drammaticità della scena si concreta nella tensione della violenza imminente ma non ancora compiuta che vede l’inutile agitarsi della vittima di fronte alla spietata determinazione dell’eroina. La scena è ambientata, presumibilmente, all’interno di una tenda dell’accampamento assiro dalla quale s’intravedono, sullo sfondo, altre tende e i corpi dei soldati nemici. Tutta la composizione s’incentra sul gesto deciso della giovane donna, la cui sensuale bellezza è posta in risalto dalla camicia abbassata sul seno, intenta con la sinistra a bloccare la testa di Oloferne e con la destra a impugnare la spada con la quale decapiterà l’uomo, raffigurato nudo, nello sforzo spasmodico di sfuggire al proprio destino. Assiste al delitto la fantesca Abra, che, con la mano sinistra, afferra i capelli del generale nemico, aiutando Giuditta nel compiere la propria eroica azione.

L’opera si rivela una delle più interessanti dell’intero catalogo autografo di Ficherelli, trasferitosi dalla natia San Gimignano, ancora ragazzo, nel capoluogo mediceo: qui godette della protezione del conte Alberto de’ Bardi di Vernio, mecenate tra i più generosi della città, che lo introdusse verso la fine del secondo decennio del secolo nella bottega di Jacopo da Empoli, dove per le sue brillanti qualità Felice ebbe modo in poco tempo di distinguersi tra i numerosi allievi che allora frequentavano l’atelier dell’affermato pittore fiorentino. Immatricolatosi all’Accademia del Disegno nel 1630, Ficherelli rimase per lungo tempo legato alla prestigiosa famiglia dei Bardi di Vernio. Stipendiato da Alberto, prima, e, dopo la sua morte dal di lui fratello Carlo, Felice dipingeva e ricopriva l’incarico di maestro di pittura per i giovani di casa.  Di carattere sanguigno e saturnino, Ficherelli fu uno dei pittori più interessanti della Firenze del suo tempo. Amico in gioventù di Cristofano Allori e cresciuto nel clima che, sull’esempio di Ludovico Cigoli e Domenico Passignano, vide fiorire in città, tra gli altri, Cesare e Vincenzo Dandini, Jacopo Vignali, Francesco Furini, Cecco Bravo, Lorenzo Lippi e Giovanni Martinelli, Felice si dedicò essenzialmente alla pittura da stanza, nella quale espresse un linguaggio personale e sempre orientato alla ricerca dell’espressione degli affetti. Nella pittura da stanza egli raggiunse vertici di straordinario livello qualitativo e di acutissima indagine psicologica e drammatica, favorita dalla propria predilezione per temi e soggetti che potessero esaltare l’espressione vigorosa dei sentimenti e una certa vena violenta, scopertamente sadica ed ambigua molto apprezzata dal gusto dei committenti dell’epoca. Egli, inoltre, si cimentò con discreti risultati anche alla pittura di carattere sacro, come dimostrano, in particolare, dipinti tardi quali La Madonna offre il Bambino a Sant’Antonio della chiesa di Sant’Egidio a Firenze o La visione di San Filippo Neri nella chiesa di San Lorenzo presso la Certosa del Galluzzo (sulla figura di Felice Ficherelli si vedano seguenti i contributi della scrivente: Il Collezionismo dei Bardi: nuove acquisizioni per Felice Ficherelli, in “Paragone”, LIII, 43, maggio 2002, pp. 33-51; Novità e tradizione nelle pale d’altare di Felice Ficherelli, in “Annali del Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo”, IV, 2003, pp. 181-191; Su Felice Ficherelli: juvenilia ed altre novità, in “Paragone”, 77, 2008, pp. 53-66, con ulteriore bibliografia precedente).

Per tornare alla tela qui in esame, elemento utile a sottolinearne la forte carica teatrale risulta l’inserimento del drappo come un sipario tirato, espediente scenico che Ficherelli utilizzò in altre occasioni, come nel citato Lot e le figlie della National Gallery of Ireland di Dublino o nel celebre Tarquinio e Lucrezia dell’Accademia di San Luca di Roma, con il quale il dipinto dimostra notevoli affinità, specie nel trattamento del panneggio, sfrangiato e materico, che compone la coperta in primo piano. La tela è prossima nell’esasperata drammaticità del soggetto, anche al drammatico Giaele e Sisara delle Gallerie Fiorentine, nel quale sta per compiersi un altro orrendo delitto per mano di un’eroina biblica; in entrambi i casi la vittima è distesa, le gambe aperte nell’ultimo moto disperato prima di essere uccisa da una giovane donna, la cui risoluta attitudine non dimostra minima traccia di esitazione.

La prossimità stilistica ai dipinti citati, specie al Tarquinio e Lucrezia di Roma, inducono proporre per il dipinto una datazione attorno alla metà degli anni quaranta del secolo.