Dipinti Antichi

26 NOVEMBRE 2014

Dipinti Antichi

Asta, 0030Part 1
FIRENZE
Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 16.00
Esposizione

FIRENZE
dal 21 al 24 novembre 2014
orario 10 – 13 / 14 – 19
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   800 € - 80000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 85
60

Francesco Montelatici detto Cecco Bravo

(Firenze 1601-Innsbruck 1661)

FANCIULLA CON NATURA MORTA AUTUNNALE

olio su tela, cm 100x141

 

Corredato da attestato di libera circolazione

 

Provenienza:

collezione privata, Firenze

 

Bibliografia:

C. Del Bravo, Un'osservazione su inediti secenteschi, in "Antichità Viva", 10, 5, 1971, pp. 22-23, fig. 6; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983, p. 115; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, Pontedera 2009, p. 260, n. 208; A. Barsanti, Cecco Bravo (Francesco Montelatici), in La natura morta in Italia, a cura di Francesco Porzio, II, Milano 1989, p. 577 fig. 685; Cecco Bravo pittore senza regola. Firenze 1601-Innsbruck 1661, a cura di Anna Barsanti e Roberto Contini, Milano 1999, p. 62 fig. a

 

L’opera qui proposta, raffigurante Fanciulla con natura morta autunnale, di Francesco Montelatici detto Cecco Bravo, artista dalla natura anti-accademica e irregolare, presenta elementi tipici della sua produzione, caratterizzata da una pittura morbida e sensuale in cui la materia sfumata accentua l'atmosfera misteriosa e incantata. I singoli elementi del nostro dipinto emergono infatti dalla penombra: la luce lambisce il braccio e la spalla della giovane donna, il suo curioso copricapo, i fiori tra le sue braccia realizzati con piccoli tocchi di colore, il cavolfiore in primo piano sulla destra e la torre sullo sfondo. Tali aspetti lirici venivano messi in evidenza da Carlo Del Bravo che per primo rendeva nota l'opera, descrivendola “tutta soffusa di metamorfosi su una situazione sentimentale crepuscolare e d'attesa, con un lento abbraccio da sogno a un mazzo di pigre accensioni – come di crisantemi nella sera -, qualche disponibile grano di dolcezza – come di fichi e pere d’ottobre - , e un autonomo sviluppo misterioso, scuro eppur amico – come di un grande cavolfiore che sul terriccio diventi una luna velata, una piovra grande”.

 

La corrispondenza di misure e la particolare impaginazione compositiva ha reso possibile da parte di Anna Barsanti l'individuazione nel dipinto Figura virile con natura morta estiva di collezione privata quale pendant della nostra opera, in cui allo stesso modo le figure in primo piano vengono collocate rispetto alla retrostante apertura di paesaggio, secondo uno schema che si ritrova nella pittura fiorentina sull’esempio del Cerquozzi che per primo aveva rappresentato questa tematica della natura morta all’aperto: “Agli sfondi di intensa vena romantica (…) corrispondono nel tono liricamente crepuscolare i fiori, le frutta e gli ortaggi disposti in primo piano”.

L'originaria formazione del pittore, basata su modelli della natura morta fiorentina, con influenze romane e lucchesi, sembra rivelarsi nella nostra tela nel semplice andamento compositivo e nella presenza costante di taluni vegetali, che risulta tuttavia arricchita dalle suggestioni tratte dalla pittura veneta che ne ha determinato una materia sciolta e sfaldata.

Infatti l'accostamento all'ambiente artistico veneto, in particolare a pittori quali Sebastiano Mazzoni, Francesco Maffei, Domenico Fetti ma anche agli esempi di Bernardo Strozzi, sembra aver rafforzato i caratteri misteriosi e bizzarri che lo avevano avvicinato alla corrente più eccentrica e stravagante della pittura fiorentina del tempo e alle opere sensuali di Furini e agli esempi del Volterrano.

La datazione del nostro dipinto, come pure quella del suo pendant, è stata collocata entro gli anni Cinquanta grazie alle analogie riscontrabili con altre opere eseguite da Cecco Bravo in questi anni, quali il David ed Abigail di collezione privata, Firenze, dove “le frutta raccolte per terra affiorano dall’atmosfera azzurrina con la stessa magica evidenza” e la Castità di Giuseppe della Galleria degli Uffizi, Firenze in cui il profilo della fanciulla del nostro dipinto si avvicina stilisticamente a quello della moglie di Putifarre.

Si è tentato di identificare il soggetto della nostra opera, insieme a quello del pendant, con le raffigurazioni allegoriche dell'Estate e dell'Autunno, che tuttavia per talune incoerenze nella presenza del cavolfiore sulla destra e del tulipano nel mazzo di fiori tenuto dalla giovane non può essere espresso con certezza. Sicura invece l'interpretazione come allegoria della Primavera della tela raffigurante Giovane donna con cestino di rose e vaso con fiori primaverili di collezione privata che corrisponde alla descrizione di Cesare Ripa: "si dipinge per la Primavera, Flora coronata di fiori de' quali ha anco piene le mani" (C. Ripa, Iconologia,  Roma 1603, ed. 1970, pp. 473-474).

La nostra Fanciulla con natura morta autunnale è da mettere anche in relazione con il Riposo nella fuga in Egitto di collezione privata in cui si ritrova la rappresentazione "alla moda che oggi diremmo "cinese" del rigido cappellone di paglia (diversa da quella consueta a larghe tese, comune in tempi non troppo lontani al manierismo rudolfino ma anche ai fiorentini e allo stesso Montelatici" (Barsanti-Contini 1999, p. 62).

 

L'attività di Cecco Bravo come pittore di nature morte, come evidenziato da  Anna Barsanti, è emersa nel tempo con maggiore chiarezza grazie alle sue "mezze figure" con frutta fiori e verdure che ne hanno messo in luce una personalità complessa e sfaccettata propensa ad evidenziare particolari di naturalismo prezioso, veri brani di natura morta inseriti in composizioni di storia.  Rimane invece ancora da scoprire la sua attività di pittore di nature morte in senso stretto (senza figure) come testimonierebbe l'inventario redatto alla partenza dell'artista per Innsbruck dove vengono registrati 25 dipinti di naturalia su un totale di 163 opere. Nell'inventario venivano citati quattro dipinti rappresentanti la Primavera, l'Autunno, l'Inverno e l'Estate e, nonostante la corrispondenza di misure, la studiosa indicava come fosse difficile identificare l'Estate e l'Autunno con il nostro dipinto e il suo pendant anche se non completamente da escludere.

Stima   € 50.000 / 60.000
55

Astolfo Petrazzi

(Siena 1580-1653)

CUCINIERA E SERVITORE CON CACCIAGIONE DI PESCE

olio su tela, cm 167x124

 

Corredato da parere scritto di Sandro Bellesi

 

Bibliografia:

G. Cantelli, Postille per la pittura di natura morta in Toscana, ovvero i prodotti della terra tra paradosso e bellezza, in L. Bonelli, A. Brilli, G. Cantelli, Il paesaggio toscano, storia e rappresentazione, Cinisello Balsamo 2004, fig.5, p.359; Le immagini affamate. Donne e cibo nell’arte. Dalla natura morta ai disordini alimentari, catalogo della mostra, a cura di M. Corgnati, Aosta 2005, ill. p. 81, scheda n. 12 p. 179; Luce e ombra. Caravaggismo e naturalismo nella pittura toscana del Seicento, catalogo della mostra, a cura di P. Carofano, Pisa 2005, scheda n. 43 p. 120

 

Proveniente da una collezione privata oggi sconosciuta, l’opera illustra con ricchezza di dettagli l’interno di una cucina con figure umane e animali morti disposti con cura su piani scenograficamente digradanti. Nella parte anteriore compaiono una cuciniera e un servitore dialoganti in atto di preparare un pesce e un trancio di carne per la cottura e, sopra di essi, un tacchino spennato e gruppi per lo più di uccelli appiccati per il becco a ganci metallici. La parte interna, suggestivamente inquadrata da pareti in ombra, mostra un ampio vano con due donne, accompagnate da un bambino e da un gatto pezzato, intente rispettivamente a disporre dei piatti metallici su una mensola di legno e a seguire la cottura di un cibo messo a bollire in un paiolo sul fuoco.

Le tipologie particolari dei volti delle figure protagoniste e l’alta qualità esecutiva, enfatizzata dalla squisita selezione cromatica, consentono di ascrivere la tela al catalogo autografo di Astolfo Petrazzi, pittore nato a Siena nel 1580 e ivi morto nel 1653.

Indirizzato in area senese allo studio delle arti figurative sotto la guida di Francesco Vanni, l’artista completò la sua educazione a Roma, dove, documentato dai primi anni Venti del Seicento, realizzò un’importante pala per al chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. Non insensibile alla poetica naturalistica caravaggesca, diffusa dai pittori legati all’ambito di manfrediana methodus, e attratto dalla nouvelle vague fiorentina, il Petrazzi ideò, al suo rientro a Siena, un tipo di pittura corsivamente gradevole, molto apprezzata dai committenti pubblici e privati. La fase centrale e l’ultimo tempo della sua attività furono contrassegnati essenzialmente dagli interessi verso la pittura bolognese coeva, deferente al raffinato classicismo del Domenichino e alle suadenti immagini di Guido Reni (per un consutivo sul Petrazzi, cfr. A.M. Guiducci, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano, 1989, II, pp. 842-843).

Il dipinto in esame, rapportabile a opere petrazziane come la Cuciniera con cacciagione, frutta, vegetali e pesce e la Cuciniera con cacciagione, frutta e vegetali in collezioni private a Siena e Firenze (cfr. E. Avanzati, in La natura morta in Italia, Milano, 1989, II, pp. 542-543), mostra caratteri stilistici che consentono di porre la sua realizzazione alcuni anni dopo la parentesi romana dell’artista.

Sebbene noto soprattutto per composizioni istoriate ricche di figure, destinate essenzialmente alla committenza sacra, il pittore risulta, sulla traccia delle fonti antiche, autore apprezzato di nature morte, oggi solo in parte identificate.

La sua notorietà in questo genere si diffuse con successo anche extra moenia, come attesta l’appartenenza ab antiquo di una coppia di dipinti con Strumenti musicali, al momento sconosciuta, eseguita nel 1630 per il cardinale Giovan Carlo de’ Medici.

Paradigmatiche dell’attività dedicata da Astolfo Petrazzi a questo particolare settore tematico appaiono composizioni di vario genere, frequentemente popolate da una o più figure. Significative, a tale riguardo, risultano, oltre alle pitture sopra citate, la Donna con un bambino e natura morta di ortaggi e vaso di fiori e il Giovane davanti a una tavola imbandita di ubicazione sconosciuta (cfr. M. Gregori, in La natura morta, op. cit., p. 516) o, ancora, la Suonatrice di liuto già nella collezione di Giovanni Pratesi a Firenze e oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena (cfr. E. Avanzati, in Pitture senesi del Seicento, Torino, 1989, pp. 24-27) e l’ Allegoria dell’Amore vincitore in Palazzo Barberini a Roma (cfr. R. Vodret, in Caravaggio e i suoi. Percorsi caravaggeschi da Palazzo Barberini, catalogo della mostra, Roma, 1999, pp. 76-77). Questi dipinti, punti di riferimento essenziali dell’attività naturamortista del Petrazzi, attestano l’abilità pittorica ampiamente lodata dai critici del XVII e XVIII secolo e rivelano legami lessicali diretti con la corrente naturalistica fiorentina di Jacopo da Empoli, nonché contatti con i nuovi orientamenti romani di Pietro Paolo Bonzi e Tommaso Salini.

Sulla traccia di tali considerazioni e in base ai riferimenti con alcune pale d’altare cronologicamente certe possiamo collocare l’esecuzione della tela in esame agli anni Trenta del Seicento.

Stima   € 18.000 / 22.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 85