Dipinti del Secolo XIX

26 NOVEMBRE 2014

Dipinti del Secolo XIX

Asta, 0022Part 2
FIRENZE
Palazzo Ramirez Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 17.30
Esposizione

FIRENZE
dal 21 al 24 novembre 2014
orario 10 – 13 / 14 – 19
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   800 € - 60000 €

Tutte le categorie

31 - 60  di 67
139

Armando Spadini

(Poggio a Caiano 1883 - Roma 1925)

NELL'ORTO

olio su tela su cartone, cm 60x40

firmato in basso a sinistra

 

Provenienza

Raccolta Fiano, Roma

collezione privata, Palermo

 

Bibliografia

E. Cecchi, Armando Spadini, Milano 1927, tav. CXIV

E. Somaré, La Raccolta Fiano, Milano 1933, p. 16, tav. 33

 

"Dire di Armando Spadini, della sua arte che è un canto alla grazia infantile, all'intimità familiare, alla luce e al colore, a tutto ciò che parla la nostro cuore e ride ai nostri occhi, è compito grato, riposo dell'anima. Arduo invece seguir le tappe del troppo breve cammino, affrettato dall'ansia di raggiungere vie sempre più fiorite e luminose, dal tormento che si nascondeva nella festa della tavolozza iridescente. E soprattutto arduo rintracciar la strada percorsa durante la giovinezza, le fuggevoli impressioni che si rispecchiano nelle opere prime, e ci dicono la forza della sua personalità in via d'affermarsi. Dall'arte spagnola sembra scaturir l'effetto vivido di luci e d'ombra nel ritratto della fidanzata col mazzolino di fiori, già collezione Giosi, e il movimento dislocato e rapido dell'agile figura; dai notturni a lume di palcoscenico del Degas, lo spettacolo di ribalta nel quadretto Signorelli, improvvisato circa il 1911 con un misto d'ingenuità e di foga indiavolata, e audacissimi contrasti di luce e d'ombra. Ma questi riflessi, e anche quelli delle opere di Augusto Renoir attorno al 1880, più di tutti richiamato dallo Spadini per la vibrante luminosità del pulviscolo solare che forma le immagini e per l'opalescenza delle tinte, non alterano la chiara personalità del pittore, profondamente radicata nella tradizione italiana, dei Veneti e del Correggio".

(in: A. Venturi, Armando Spadini, Milano 1927, p. VII)

 

Stima   € 20.000 / 25.000
146

Vittorio Matteo Corcos

(Livorno 1859 - Firenze 1933)

RITRATTO DI LINA CAVALIERI                                    

olio su tela, cm 40x31,5

firmato e iscritto "V. Corcos. / Al M.se Pietro d'Ajeta / Per ricordo / Marzo 902" in basso a sinistra

 

Il dipinto è il bozzetto del grande ritratto di Lina Cavalieri, olio su tela, cm 265x178, datato 1903 e dedicato alla stessa cantante, oggi conservato in una collezione privata fiorentina (si confronti I sogni della Belle Epoque, catalogo della mostra di Padova cura di I. Taddei, F. Mazzocca, C. Sisi, Venezia 2014, p. 202 scheda 84). A differenza dell'opera definitiva, il bozzetto presenta una dedica di Corcos a Pietro Lanza marchese d'Ajeta, melomane, amico di Giacomo Puccini e in rapporto con Ruggero Leoncavallo.

 

Natalina Cavalieri, prima di quattro figli di un architetto e di una sarta, nacque a Treviso nel 1874, e si trasferì poco dopo la nascita a Roma. La sua carriera di cantante iniziò quasi per caso, quando, giovanissima, cominciò ad esibirsi in un teatro vicino a piazza Navona per aiutare la famiglia caduta in disgrazia. Coi primi successi la cantante passò ai teatri romani Grande Orfeo e Diocleziano, per giungere al Folies Bergère di Parigi, all'Empire di Londra e in seguito ai più importanti teatri europei. La sua ultima interpretazione lirica risale al 1916, mentre dal 1914 al 1921 si dedicò, con medio successo, al cinema. Nel 1926 aprì un salone di bellezza a Parigi, che diresse per dieci anni, prima di trasferirsi nella sua Roma e in seguito a Firenze, dove la morte la colse il 7 febbraio 1944, quando un bombardamento aereo distrusse la sua villa fiorentina presso il Poggio Imperiale seppellendola sotto le macerie. Seguita da folle di ammiratori, incantati dalla sua bellezza e dalla sua eleganza, l'aura di femme fatale la accompagnò in tutta la sua carriera di cantante lirica. Definita "la massima testimonianza di Venere in terra" da Giovanni d’Annunzio, la notorietà dell'artista venne alimentata anche dalle sue vicende personali: sposata quattro volte (con il principe russo Alessandro Bariatinskij, il miliardario americano Robert Winthrop Chandler, il tenore francese Luciano Pietro Muratore e il pilota Giovanni Campari) si vociferava che nella sua vita avesse ricevuto più di ottocento proposte di matrimonio.

 

Provenienza

Collezione Alessandro Muratore

Collezione privata

 

Bibliografia

L. Cavalieri, Le mie verità, redatte da P. D'Arvanni, Roma 1936, ill. a p. 5

I. Taddei, Tra affetti domestici e sentimenti segreti, atmosfere quotidiane e riti mondani, in Corcos. I sogni della Belle Epoque, catalogo della mostra (Padova, 2014) a cura di I. Taddei, F. Mazzocca, C. Sisi, Venezia 2014, p. 21 nota 64.

Stima   € 16.000 / 20.000
Aggiudicazione  Registrazione
154

Vincenzo Migliaro

(Napoli 1858 - 1938)

VECCHIA NAPOLI o MERCATO SPAGNOLO

olio su tavola, cm 47,5x32

firmato e iscritto "Napoli" in basso a sinistra

sul retro: etichetta con iscritto "Marché espanol par Migliaro 6.." e timbro con iscritto "Santiago del Cile"

 

Sulla targhetta apposta sulla cornice il dipinto è titolato "Via Purgatorio d'Arco" (strada nei pressi di via dei Tribunali, decumano maggiore dell'antica Napoli).

 

Vincenzo Migliaro (1858-1938), dopo aver vinto nel 1877 il secondo posto al Concorso Nazionale di Pittura tra gli alunni delle Accademie di Belle Arti, pagato il primo tributo di iniziazione alla pittura verista di Gioacchino Toma, si recò in Francia per un breve periodo. Ma la malìa della sua città natia lo costrinse a ritornare a Napoli, dove cominciò a frequentare una birreria a ridosso del Castello angioino, "Lo Strasburgo", che era il ritrovo preferito di pittori come Caprile e Pratella, oltre che di alcuni letterati come Edoardo Scarfoglio e il poeta Salvatore Di Giacomo. Di quest'ultimo Migliaro, in particolare, ammirava il modo di descrivere gli usi e i costumi della quotidianità napoletana. La stessa che il pittore voleva raccontare scrutandola negli angiporti, sotto gli archi e perfino all’interno di qualche basso della sua città e che costituivano la fitta trama dei quattro quartieri della Vicaria, Pendino, Mercato e Porto. Fu dagli inizi degli anni '80, che Migliaro si inoltrò in quei luoghi per proporre delle plastiche riprese di impressioni popolari e colorite sensualità. Con ciò egli documentò e in alcuni casi denunciò, marchiando di emozioni, come dei graffiti primordiali, la sottile diga posta ad argine dal pittoresco commerciale, contraddittoriamente sognante e spensierato. Per questo motivo, Migliaro va disgiunto da quella facile pittura di genere alla quale, per una serie di equivoci critici, a volte viene accostato: il racconto confuso con l'aneddoto, la scrittura con la calligrafia, il verismo con il folclore. Invece, in quel timbro incisivo, in quelle riconoscibili icone, in quel suo linguaggio simbolico, risiede l'arte di Migliaro.

Lo spunto per il quadro che lo rese famoso glielo diede, un giorno, una bella acquaiola che si trovava a due passi dallo "Strasburgo". Di fronte al Maschio Angioino, a Piazza Francese, attiguo al Teatro Mercadante, sorgeva un chiosco dell’acqua sulfurea. Migliaro, ci si soffermava spesso annotando le emozioni e gli effetti di colore tra quel mondo variopinto di venditori di robe vecchie, scrivani pubblici e sfaccendati. Fu così che, da quel piccolo microcosmo, il pittore fece nascere Piazza Francese opera che presentata all'Esposizione nazionale di Torino nel 1884, riscosse un enorme successo di critica e di pubblico e fu acquistata dal Khedivé d'Egitto, Ismail Pascià, che con tutta la sua variopinta corte, soggiornava in quegli anni nella "Favorita" di Portici.

Sull'onda di quel successo e con il crescere del numero di richieste da parte dei collezionisti, Migliaro sviluppò una serie di varianti di Piazza Francese o Vecchia Napoli, con lo scopo di raccogliere una testimonianza topografica nella quale inserire quella tipologia femminile di donna forte e volitiva, dallo sguardo magnetico che è una sua costante, oltre a quel pathos della popolazione dei vicoli, dando una forma ed un'emozione alle realtà locali dove tutto poteva essere rappresentato in commedia o dramma.

La stessa emozione che traspare dalla tavoletta in asta dal titolo Vecchia Napoli, che rappresenta un ampio slargo occupato da botteghe ed ambulanti. Probabilmente una delle reinterpretazioni del pittore di quegli spiazzi mercatali all’interno dei Decumani. Lo slargo, proprio per le particolarità dell’edificio che si pone di fronte, con i portici al cui interno si affollano le attività commerciali, potrebbe essere l’indizio principale per far collimare la ripresa nell'ampio vico Cinquesanti che si affacciava sulla strada de' Tribunali prospiciente la chiesa di San Paolo Maggiore, ed era il tratto di via che dalla chiesa corre sino all’angolo di vico Nilo, intersecandosi con i tanti vicoli che attraversando il quartiere Pendino, arrivano al Porto.

Ma è la scena che ci rapisce con la piazzetta affollata di botteghe, bancarelle e viandanti che ne occupano il perimetro nel quale il sole, penetrando tra le alte case, colpisce la bella fruttivendola in primo piano, sottolineandone il candido grembiule da lavoro. Ovviamente a dare una "storia" alla scena non poteva mancare il baffuto perdigiorno, con gilet e bombetta alla moda, assorto ad ascoltare le confidenze della sensuale venditrice. Ancora una volta la pittura pastosa di Migliaro ci colpisce per quel suo talento puro. Una forza della natura che frantuma ogni tentativo di incasellarlo con una etichetta arbitraria di espressionista. Migliaro, fu soprattutto un prodigio dell'istinto, un artista con una grande tavolozza nel cuore. La stessa a cui si affida per illustrare il quadro all'asta Vecchia Napoli, allorquando colloca sulla scena altri tipi umani che sembrano appena usciti dalle tavole degli "Usi e costumi di Napoli" del De Bourcard ed in particolare quella vecchina a sinistra che rimanda alla pittura sognante di Dalbono, a cui il Migliaro sembra rendere omaggio pur rimarcando, nel complesso dell'opera, tutto quel realismo che fece scrivere a Libero Bovio nel '38, che Dalbono è Napoli che sogna, Migliaro è Napoli che vive.

 

Rosario Caputo

Stima   € 60.000 / 80.000
155

Francesco Lojacono

(Palermo 1838 - 1915)

PAESAGGIO SICILIANO

olio su tela, cm 46x88

firmato in basso a destra

 

Provenienza

Collezione Edoardo Negri De Salvi

Collezione privata, Firenze

 

Esposizioni

VII. Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia, Venezia 1907, n. 19 (come Campagna siciliana)

 

Bibliografia

VII. Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia. Catalogo illustrato, Venezia 1907, p. 93 n. 19

Francesco Lojacono 1838-1915, catalogo della mostra (Palermo, 2005-2006) a cura di G. Barbera, L. Martorelli, F. Mazzocca, A. Purpura e C. Sisi, Milano 2005, p. 397

 

"Quando il gruppo di Resina partecipa alla mostra di Palermo, nel 1866, insieme al toscano Cecioni, di Napoli, come cita il catalogo - per sottolineare la specificità della formazione dell'artista e non la sua origine - va equilibrandosi in altro luogo quel tessuto di linguaggi comuni che trovano allineato e partecipe anche un artista siciliano d'origine come Lojacono, consapevole che dalla sua conoscenza e dalla propagazione della poetica del suo paesaggio si considerasse l'obiettivo finale, la prospettiva del superamento delle barriere regionalistiche, nell'ambito di un progetto ambizioso tipico della cultura unitaria.

Le consonanze linguistiche di Lojacono si assimilano alla forza impressa dalla scuola di Resina, il cui programma si fonda nella sapienza di "esercitare un'arte indipendente puramente veristica e realista, tendente alla vera manifestazione semplice del vero nelle sue svariate forme, senza orpello e transazioni". Lojacono mantiene fermi i principi di quella fedeltà al vero, con un'ostinazione di scelte che supera le prospettive cronologiche del sodalizio stesso, scomposto alla prima partenza del De Nittis per Parigi nel 1867, e che si chiude emblematicamente con la morte di De Gregorio nel 1876. [...] Questo suo naturalismo integrale, dal carattere originalissimo, spesso privo di figure, caratterizza la sua vena poetica fino al 1880 circa, portando con sé risultati delle complesse esperienze della stagione culturale di formazione, che trova efficacia anche nella profonda intesa dell'artista con i luoghi veri della sua terra. Della Sicilia ritrae le silenziose strade sterrate sotto il sole canicolare o i viottoli alberati della strada che da Santa Maria di Gesù conduce a Palermo, o le ville baronali in pietra di tufo dell'architettura del Settecento che, come l'edificio sotto Catalfano, si staglia come una cattedrale isolata, protetta dal braccio della montagna. Come per la poetica di Marco De Gregorio, di Rossano o De Nittis che percorrono le antiche strade di Portici e Resian e Torre Annunziata, prediligono scorci inconsueti di quell'area vesuviana composita, di ville nobiliari lungo il Miglio d'Oro e di strette stradine di campagna che portano al Vesuvio, con i tipici muri a secco che cingono le vie di un antico territorio rurale ormai deflagrato, così l'obiettivo di Lojacono penetra la sua osservazione lenticolare nei luoghi aperti di campagna o per le strade di montagna della sua terra. Essa è esplorata in tutto il suo circondato palermitano, l'Aquasanta, la Conca d'oro, villa Tasca, Boccadifalco, Monte Erice, raggiungendo l'Etna e le sue terre limitrofe. Il valore di questa eccezionale esperienza resta affidato ancora interamente alla rappresentazione reale dei luoghi, che attraverso il paesaggio di Lojacono ci rimandano alla bellezza composita e particolare di un territorio che si presenta nell'ultimo trentennio dell'Ottocento ancora florido e scandito dalla grandezza rigogliosa, severa e prepotente della sua natura vulcanica. Monumenti al paesaggio lirico di uno scorcio di secolo, innalzati al sentimento di una terra perduta, di cui ci è sempre più difficile riconoscere i connotati".

 

(in : Luisa Martorelli, La nuova via al naturalismo (1850-1870), Francesco Lojacono 1838-1915, Milano 2005, pp. 54-56)

Stima   € 15.000 / 20.000
Aggiudicazione  Registrazione
31 - 60  di 67