Mobili, Arredi e Oggetti d'Arte

27 NOVEMBRE 2014

Mobili, Arredi e Oggetti d'Arte

Asta, 0021
FIRENZE
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 16
Esposizione

FIRENZE
dal 21 al 24 novembre 2014
orario 10 – 13 / 14 – 19
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

 
 
 
Stima   350 € - 30000 €

Tutte le categorie

31 - 60  di 219
33

Tondino, Deruta, 1500-1520 circa

in maiolica decorata in policromia con arancio, blu, e bruno di manganese nei toni del nero-marrone su smalto bianco crema crettato, cavetto profondo e larga tesa piana con orlo arrotondato. Il decoro vede, al centro del cavetto, un cartiglio bianco centrato dalla scritta a caratteri capitali dipinta in blu “DIIANA:B” facilmente interpretabile come scritta amatoria Diana Bella. Un motivo a foglie blu, su fondo arancio sfumato di giallo, riempie la parte restante del cavetto. Il tondo che racchiude il personaggio è delimitato da un motivo decorativo a cordonatura, cui si sovrappone una fascia a punte, nella quale sono inscritti piccoli triangoli blu, contornata da semisfere a risparmio con centro color arancio, disegnate di blu. Sulla tesa un motivo a fasce concentriche decorate con sottili greche, scaglie centrate da fioretti stilizzati e cordonature completa il decoro. Il retro del piatto è interessato da un motivo a “petal back” associati a monogramma “A” paraffato. Il piatto appartiene dunque al gruppo di piatti pubblicati da Bernard Rackham nel 1915 e attribuiti botteghe di Deruta di cui gli studi più recenti hanno ormai chiarito le tipologie e la cronologia. Un confronto assai prossimo è costituito da un piatto del Victoria & Albert Museum, con cartiglio “Milina Bella”, che presenta caratteristiche decorative molto simili, ma più semplificate. Si veda ad esempio l’uso della fascia dentellata a decoro del medaglione centrale e le scelte cromatiche e decorative della tesa, alt. cm 4,5, diam. cm 22.

 

Per confronti

T. Borenius, The Leverton Harris Collection, London 1931, Inv. C.2070-1910

 

Stima   € 6.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
35

DUE PIATTI, DERUTA, PRIMA META SECOLO XVI

in maiolica dipinta in policromia con giallo, verde, blu e rosso su fondo maiolicato bianco crema limitato al fronte del piatto. Gli esemplari hanno un cavetto profondo e largo con tesa è ampia che termina in un orlo, appena rilevato, rifinito a stecca. I piatti poggiano su un piede ad anello forato prima della cottura. La foggia è quella tipica delle produzioni derutesi con retro appesantito da una vetrina color bistro. Il piatto a) è caratterizzato da un decoro che mostra al centro del cavetto la scritta “Patientia” delineato in lettere gotiche e collocato tra righe simmetriche e parallele che simulano un cartiglio. Il resto del cavetto è decorato da un fitto motivo a embricazioni. Una cornice rosso-arancio con sottili motivi decorativi a diamante e a cerchio alternati delimita il centro della composizione. Seguono una fascia a metope che vedono alternarsi motivi a virgole e a scaletta in blu su fondo bianco, e una fascia con linee parallele che divide il cavetto dalla tesa. Quest’ultima è decorata da un motivo a foglie lanceolate nei toni del verde e dell’arancio, disposte a dente di lupo centrate da triangoli e da sottili rametti con un fiore tripetalo piccoli fruttini tondeggianti riempiono le campiture vuote. Il piatto b) mostra un cavetto abitato da una figura di un leone azzurro, con una folta criniera, mentre avanza in un canneto con piante dipinte in rosso. Anche in questo caso alcune fasce parallele dividono il cavetto dalla tesa a sua volta decorata con un motivo a foglie stilizzate alternate a piccoli triangoli riempiti da una fitta puntinatura, diam. cm 40 e cm 40,6

 

Stima   € 7.000 / 10.000
Aggiudicazione  Registrazione
37

FIASCA “DA PELLEGRINO”, URBINO, BOTTEGA DI ORAZIO FONTANA, 1565-1570

in maiolica dipinta in policromia con verde, giallo, giallo arancio, blu di cobalto, bruno di manganese nei toni del nero-marrone. La fiasca, piriforme, presenta anse a rilievo in forma di mascherone, che interessano i fianchi e si estendono nella porzione inferiore della vasca con volute. La fiasca è corredata da un tappo a vite. Nel decoro istoriato si riconosce il mito di “Antiope sedotta da Giove in veste di satiro. L’opera trova riscontro nella produzione della bottega urbinate di Orazio Fontana, e l’attribuzione si basa sul confronto pittorico delle figure e sul confronto morfologico: la bottega produsse infatti questo tipo di opere per tutto il ‘500. Opere simili sono conservate presso il Museo Di Praga, il Victoria and Albert Museum di Londra, il Museo Nazionale di Stoccolma e l’Anton Ulrich Museum di Braunsweig. Un esemplare simile, ma con diversa scelta morfologica nella forma delle anse, è conservata al museo Civico Medievale di Bologna. Si segnalano poi la fiasca del J. Paul Ghetty Museum in California (cfr. C. Hess, Italian Ceramics: Catalogue of the J. Paul Ghetty Museum Collection, 2002, no. 34 e bibliografia relativa). Sul fondo etichetta della collezione collezione parigina del Barone Gustave de Rothschildt (1829-1911), passata in eredità al Barone Henri de Lambert, Bruxelles; quindi alla Baronessa de Lambert, Bruxelles e New York; poi esitata a New York il 7 marzo 1941 (Sotheby’s, Parke Bernet, “Lambert Sale”), alt. cm 44.

 

Provenienza: Altomani & Sons

                                                                          

Stima   € 15.000 / 20.000
Aggiudicazione  Registrazione
38

CALAMAIO, URBINO, BOTTEGA PATANAZZI, 1575-1600,

CALAMAIO, URBINO, BOTTEGA PATANAZZI, 1575-1600,

in maiolica decorata in policromia con giallo, azzurro, verde bruno di manganese, bianco di stagno. Il calamaio raffigura San Matteo che scrive il Vangelo, seduto su una sedia dall’alto schienale, il volume sorretto sulla schiena da un piccolo angioletto in piedi su un pilastro quadrangolare; ai piedi del santo un vasetto decorato da mascheroni e un libro chiuso. San Matteo tiene il libro con la mano sinistra e, portando al petto la destra, guarda avanti con atteggiamento ispirato. Queste plastiche avevano una destinazione privata, frutto di commissione o di dono, prodotte utilizzando figure modellate, ma talvolta con dettagli tratti a stampo, che consentivano di moltiplicare i soggetti modificandone il carattere simbolico–decorativo specialmente nelle opere con più personaggi. Carmen Ravanelli Guidotti ha attribuito questa tipologia alla bottega Patanazzi datandola, come già notato dal Ballardini (G. Ballardini, Il calamaio di un grandissimo storico, in Faenza XXXVI, fasc. V, 1950, pp 99-103) in base ad un esemplare con stemma Aldobrandini, alla fine del Cinquecento e ai primi anni del Seicento. La studiosa supera l’attribuzione a Faenza proponendo la paternità urbinate in virtù delle caratteristiche tecniche: il modellato un poco goffo, il notevole spessore dello smalto, l’associazione – non in questo caso - con raffaellesche, ed altro ancora. Questo calamaio presenta una bordura realizzata con un motivo ad archetti spesso presente nelle decorazioni minori delle opere dei Patanazzi, cm. 30x16x17

 

Per confronto

E. Ivanova, Il secolo d’oro della Maiolica, Milano 2003, p. 111, n. 97

 

 

Stima   € 9.000 / 12.000
41

Versatoio, Faenza, inizio secolo XVII

in maiolica decorata in policromia con giallo e azzurro, corpo ovoidale con alto collo cilindrico che termina nell’imboccatura a becco, affiancata da due alette arricciate verso l’alto, poggiante su un piccolo piede slanciato (ricostruito) a base arrotondata. Dall’orlo si diparte un’ansa, ad alto profilo a voluta, che termina sul corpo saldandosi a un mascherone in rilievo. La forma si attestò alla metà del Cinquecento con alcune varianti, e fu descritta dal Piccolpasso come bocale antico dalla bocca a lepore. Molto presente a Faenza in esemplari di scavo, era spesso decorato con motivi araldici. Il versatoio faceva parte dei servizi lavamani in associazione con grandi bacili umbonati e pertanto costituiva un elemento importante nelle commissioni delle famiglie nobiliari. Il nostro esemplare trova confronti sia negli esemplari esposti al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, sia in esemplari pubblicati. Lo stemma partito si riferisce all’alleanza di due famiglie fiorentine: Strozzi e Spada. Tuttavia alcuni errori di realizzazione nell’impresa araldica, peraltro comuni nelle maioliche antiche, ci fanno riflettere sulla corretta interpretazione dello stemma stesso che, data la qualità, meriterebbe una ben più approfondita indagine: lo stemma Strozzi è qui dipinto con le lune calanti e non crescenti, mentre lo stemma Spada è sormontato da un quarto con croce rossa su fondo bianco anziché dai consueti tre gigli su fondo blu. Ciononostante la datazione di quest’opera s’inserisce, per caratteristiche morfologiche e per stile pittorico, nel periodo produttivo dell’ultimo quarto del secolo XVI e dei primi anni del secolo XVII. La qualità pittorica nella realizzazione dei putti portastemma avvicinano, a nostro parere, l’esemplare alla mano del pittore che ha realizzato il versatoio con corpo baccellato delle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco di Milano (Ravanelli Guidotti 1996 p. 476 n. fig 133 c.), alt cm 35, piede ricostruito.

 

Corredato da attestato di libera circolazione.

 

Per confronti

C. Ravanelli Guidotti, Faenza- faïence: “bianchi” di Faenza, 1996, p.482 fig. 484 e p. 398, Fig. 23

 

Stima   € 4.000 / 6.000
31 - 60  di 219