Importanti Dipinti Antichi

21 APRILE 2015
Asta, 0001Part 1
66

Simone Pignoni

Stima
€ 50.000 / 70.000
Aggiudicazione  Registrazione

Simone Pignoni

(Firenze 1611-1698)

BETSABEA AL BAGNO

olio su tela, cm 146x190

sul retro bollo in ceralacca ed etichetta relativa all'esposizione

 

Attribuzione confermata da Sandro Bellesi su visione diretta

 

Provenienza: collezione privata, Firenze

 

Esposizioni: Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento, Palazzo Pitti, Firenze 1922

 

Bibliografia: Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento. Catalogo, Roma 1922, p.92 n. 427 (non riprodotto, come Francesco Furini);

 

Presentato alla storica mostra del 1922 con un’attribuzione, per l’epoca più che giustificata, a Francesco Furini, il dipinto qui offerto, rimasto per oltre mezzo secolo nella stessa raccolta e quindi del tutto nuovo agli studi oltre che al mercato, è invece opera tipica e assai bella di Simone Pignoni, a cui può essere restituito in virtù di ineccepibili confronti.

Quelli più immediati sono da istituire con la tela di uguale soggetto e simile composizione ma variata in diversi particolari, già presso Voena e Robilant, più volte pubblicata da Francesca Baldassari, cui si devono gli studi più aggiornati sull’artista fiorentino. Catalogata al n. 368 del repertorio (La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino 2009) è stata nuovamente commentata in occasione del nuovo saggio della stessa studiosa che nel 2012 ha accompagnato una esposizione di Moretti a New York (Seicento fiorentino. Sacred and Profane Allegories, Firenze 2012, p. 122, fig. 2).

In quel dipinto, naturalmente diverso per situazione conservativa, Betsabea svela quasi per intero il bel corpo qui pudicamente velato, se pure parzialmente, e sono invece assenti il cagnolino in primo piano e la figura femminile che a destra nell’ombra appare nel nostro. Eventuali altre discrepanze saranno verosimilmente meglio leggibili a seguito di una pulitura della tela qui offerta.

Inaugurati nel 1964 da un breve saggio di Gerhard Ewald (Simone Pignoni, a little-known Florentine Seicento Painter, in “The Burlington Magazine” 106, 1964, pp. 218-26) gli studi sull’artista hanno dovuto confrontarsi con la quasi totale mancanza di notizie biografiche e di date certe, soprattutto per quanto riguarda le sue opere di committenza privata, senza dubbio le più numerose e significative. Escluso per motivi cronologici dalle Notizie di Filippo Baldinucci, che fa il suo nome solo in quanto allievo di Francesco Furini, Pignoni è però ricordato da fonti settecentesche, e in particolare dall’allievo Giovanni Camillo Sagrestani (Vite dei Pittori, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Ms. Pal. 451) che riporta gli elogi di Luca Giordano per una delle sue più importanti opere pubbliche, la pala dedicata a San Luigi di Francia sull’altare Guicciardini in Santa Felicita, del 1682. Non stupisce peraltro che la pittura luminosa e sensuale del Pignoni, esclusivamente affidata al colore, suscitasse le lodi dell’artista napoletano così lontano dal culto per il disegno dei pittori fiorentini, nè che alla fine del secolo insieme a Livio Mehus, prediletto dal Gran Principe Ferdinando, Pignoni fosse considerato tra i primi pittori di Firenze, come riporta una lettera di Tommaso Redi del 1690.

Se la sua produzione pubblica per le chiese della città e del territorio circostante è relativamente ben documentata, non restano invece riferimenti cronologici per le splendide figure femminili che costituiscono l’aspetto prevalente delle sua attività: nelle parole del Sagrestani “Le femmine… le fece con tanta grazie e rilievo di tinte che nel nostro secolo pochi si son veduti di quel gusto”.

Numerose e precoci citazioni di sue opere negli inventari delle principali collezioni fiorentine attestano il successo del pittore a partire dagli anni Quaranta quando, coadiuvato da una ben organizzata bottega nella quale fu attivo con felicissimi esiti anche l’allievo Francesco Botti, Pignoni dipinse figure sacre e più spesso profane, tratte dalla storia classica e dal mito, servendosi (pare) delle modelle più belle e costose di Firenze, che raffigurò come personaggi diversi semplicemente variandone gli attributi.