DIPINTI DAL XIV AL XX SECOLO

1 MARZO 2017

DIPINTI DAL XIV AL XX SECOLO

Asta, 0199

FIRENZE
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26


Dipinti e sculture dal sec. XIV al sec. XVIII
ore 11.00 
Lotti 1-111

Dipinti e sculture dal sec. XIV al sec. XVIII
ore 15.00 
Lotti 112-194

Dipinti e sculture dal sec. XIX al sec. XX
ore 16.30 
Lotti 201-330
Esposizione
FIRENZE
25-28 Febbraio 2017
orario 10-13 / 14-19 
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it

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Stima   500 € - 30000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 325
100

λ

Jacopo di Cione

(Firenze, attivo dal 1362 – 1398)

NATIVITA' DI CRISTO

tempera e oro su tavola, cm 36 x 15,7

 

Provenienza

Collezione privata, Milano

                                                          

La tavola è ritagliata dall’anta sinistra di un trittichetto di devozione, che al centro doveva avere la Madonna col Bambino con eventuale contorno di altri santi, nell’anta di destra la Crocefissione, nelle cuspidi delle due ante in linea di massima l’Annunciazione. Il modello più autorevole per questo genere di trittici venne fornito da Bernardo Daddi e da Taddeo Gaddi nei due trittici rispettivamente del Museo del Bigallo (1333) e degli Staatliche Museen di Berlino (1334). Sul retro è dipinto in maniera sommaria un decoro a finto marmo, con losanga inscritta in un clipeo di gusto cosmatesco: si capisce che la tavoletta è stata resecata da una parte, corrispondente al lato destro della fronte, dove c’erano le cerniere di connessione col pannello centrale del trittico (ponendo il compasso al centro si può ipotizzare che manchino circa 2,5 cm); dall’altra parte la battuta ha probabilmente causato la perdita di un centimetro di pittura, che è stata reintegrata; in basso la resecazione ha rifilato i piedi di San Giuseppe; in alto si conserva il fregio punzonato che doveva delimitare dalla cuspide, dalla probabile raffigurazione dell’arcangelo Gabriele. 

L’autore è riconoscibile in Jacopo di Cione, verso il 1375, al tempo dell’Incoronazione della Vergine della Zecca (Firenze, Galleria dell’Accademia, 1372-1373), o poco oltre. Il volto di San Giuseppe, dalle ombre marcate, dal taglio lungo delle palpebre e dalla minuta resa calligrafica di barba e capigliatura, si confronta bene con i volti dei santi nella pala della Zecca. Il formato verticale di questi sportelli aveva indotto ad organizzare la composizione su più piani, partendo dal San Giuseppe pensoso, accoccolato a terra, in primo piano, risalendo su una scoscesa balza rocciosa al gruppo della Madonna col Bambino, alla mangiatoia con la capanna, alla roccia al fondo e in questo caso ad un edificio ad archi, rosa e luminoso, quale riempitivo al posto dell’annuncio ai pastori.

Nelle anconette fiorentine più diffusa è la composizione con la Vergine di profilo che adora il Bambino nella mangiatoia o  ve lo sta riponendo, disponendo la capanna in maniera parallela al piano.  Qui invece figure ed oggetti sono slegati, disposti per diagonali, accentuando l’indugio su dettagli più aneddotici, come tipico della pittura fiorentina del secondo Trecento. La Madonna, inoltre, è seduta a terra e tiene in braccio il Bambino, strettamente avvolto in una coperta giallo-aranciata, col dito proteso della mano destra per indicarlo o per fargli il solletico. Il prototipo autorevole per questa scelta differente era l’affresco di Taddeo Gaddi nella cappella Baroncelli in Santa Croce, dove è anche la figura pensosa di Giuseppe dislocata in primo piano, dalla parte opposta. Nell’affresco di Taddeo è abolita la coltrice tradizionale, la Vergine è distesa sulla nuda terra, ed abbraccia affettuosamente il Figlio, stretto nelle fasce da neonato. L’invenzione venne quindi riflessa in alcune anconette, reintegrando la coltrice, a partire dallo stesso Taddeo, nel trittico di Berlino del 1334 (dove la Madonna allatta il Bambino), e da Bernardo Daddi, nel trittico del Bigallo del 1333 e in tante altre sue opere.

Di Jacopo di Cione ricordiamo altre Natività di Cristo provenienti dall’anta sinistra di un altarolo. Quella del Rijksmuseum Meermanno-Westreenianum dell’Aja propone la Vergine di profilo, adorante il Bambino disteso nella mangiatoia e in alto l’annuncio ai pastori (nel museo olandese esiste anche il pendant con la Crocefissione; la decorazione dell’oro è simile a quella della tavoletta in esame, ma più semplice, senza la fascia di archetti trilobati). Un trittichino già von Kaulbach e poi Moretti (cfr. Da Bernardo Daddi a Giorgio Vasari. Galleria Moretti, Firenze 1999, pp. 50-55), presenta la Madonna con le mani giunte, seduta sotto la capanna, mentre adora il Bambino nella mangiatoia. In posa analoga è in un trittico della New York Historical Society (inv. 1867.11), entro riquadro meno sviluppato in verticale, perché sovrapposto ad un San Cristoforo. La Vergine seduta a terra e abbracciata al Bambino, verso cui china il capo, è nell’anta sinistra di un trittico con al centro l’Incoronazione della Vergine delle collezioni reali d’Inghilterra, ad Hampton Court (inv. 1220), entro una scena paesaggistica più dilatata, includente in alto l’annuncio ai pastori. Un’Adorazione dei magi di Jacopo (già Firenze, Frascione, quindi Londra, Sotheby’s, 5 dicembre 2012, lotto 15, cm 21 x 14,9, riprodotta da M.Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, Firenze 1975, fig. 104) doveva venire pure dall’anta sinistra di un trittico, ma certo non era sottoposta alla Natività in esame, per le proporzioni più minute delle figure, per i dettagli diversi dell’abbigliamento, in particolare di Giuseppe che appare diversamente giovanile. Il motivo del Bambino avviluppato strettamente in un’ampia coperta ricorre nell’opera di Jacopo, in alcune ancone con la Madonna dell’Umiltà: in quella già Stoclet, datata 1362, che è un suo capolavoro giovanile, e in quella della Galleria dell’Accademia di Firenze (inv. 132 dep.). Tuniche e mantelli di Maria e Giuseppe sono impreziositi da ricchi fregi dorati a missione. Sul terreno tra i due è una brocca in argento meccato, in parte lacunosa, allusiva al bagno del Bambino, e il bastone da viaggio con la bisaccia di Giuseppe, gettata a terra. Questo motivo aneddotico si trova anche nel trittico di Pietro Nelli del Portland Art Museum e in quello del Maestro del Bargello del Walters Art Museum di Baltimora, e verrà ripreso più tardi da pittori come Bicci di Lorenzo, nella pala con la Natività di Cristo in San Giovannino dei Cavalieri a Firenze.

 

 Andrea De Marchi

 

 

Stima   € 20.000 / 30.000
Aggiudicazione  Registrazione
164

Artista attivo a Roma alla metà del XVIII secolo

CAPRICCI ARCHITETTONICI CON FIGURE

coppia di dipinti a olio su tela, cm 98x73

(2)

 

Ispirati a edifici di età imperiale – un arco trionfale con un tratto di mura e la piramide Cestia sullo sfondo; una facciata monumentale di ordine corinzio ornata da statue di barbari prigionieri, quali le sculture di età traianea riutilizzate per l'arco di Costantino – i capricci architettonici qui presentati si iscrivono nel clima fervido della Roma di metà Settecento quando, nell'ambiente internazionale richiamato dal Grand Tour, architetti e disegnatori si dedicano al rilievo dei monumenti antichi della città e dei dintorni, spingendosi peraltro nell'Italia meridionale e ben oltre i confini della penisola per documentare le vestigia del passato, ad uso dei viaggiatori stranieri ma anche nella ricerca di modelli architettonici inediti e filologicamente corretti per le dimore aristocratiche da progettare nel gusto più moderno e aggiornato.

Tra i protagonisti di questo momento, è senza dubbio Jean-Louis Clérisseau (Parigi 1721- Auteuil 1820) a Roma dal 1749 presso l’Accademia di Francia, e dal 1755 responsabile dell’équipe di disegnatori ingaggiati da James Adam per riprodurre i complessi termali romani e, nel 1757, le rovine imperiali di Spalato pubblicate a Londra nel 1764. Accanto a lui, Antonio Zucchi (Venezia 1726- Roma 1795) che nel 1766 si trasferisce in Inghilterra per collaborare con gli architetti Robert e James Adam alla decorazione di interno delle residenze ispirate all’antico da loro progettate per l’aristocrazia inglese. Ed è appunto alle straordinarie tempere dell’artista francese, spesso completate dalle "macchiette" del veneziano e alle tele eseguite da quest'ultimo per i nobili committenti dello studio Adam (si vedano quelle per Osterley Park, del 1767) che le tele qui presentate, veri e propri capricci vedutistici su basi archeologiche, si accostano nella precisa definizione degli elementi architettonici che compongono l'ordine dorico dell'arco trionfale e lo scenografico frontespizio corinzio in parziale rovina coronato dalle statue dei barbari.

Lo stile delle nostre macchiette, ancora legato al lontano modello ghisolfiano e comunque di gusto tipicamente romano non consente tuttavia di avanzare il nome di Antonio Zucchi, qui richiamato solo per evidenziare una singolare coincidenza di gusto, fondamentalmente diverso e più moderno di quello, fino allora imperante, di Giovanni Paolo Panini.

 

Stima   € 30.000 / 50.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 325