Importanti Maioliche Rinascimentali

9 NOVEMBRE 2016
Asta, 0186
29

COPPIA DI ORCIOLI DA FARMACIA

Stima
€ 10.000 / 15.000

COPPIA DI ORCIOLI DA FARMACIA

FAENZA(?), 1550 CIRCA

Maiolica dipinta in monocromia blu con alcune parti in bruno marrone e giallo ocra, su fondo smaltato azzurro detto berettino. Tocchi di bianco stagno.

Alt. cm 25, diam. bocca cm 7,8, diam. piede cm 9,9.

Sul fronte iscrizione apotecaria: a)D De Capari; b)D. De Mastici.

Sul fondo di entrambi i vasi etichetta circolare “MOSTRA DELLA MAIOLICA ITALIANA / 1400-1600 / LA MIA CASA 1972” (una poco leggibile).

 

Esposizioni

Mostra della maiolica italiana dal 1400 al 1600, Milano, Palazzo dell’Arte, 28 ottobre - 12 novembre 1972

 

I vasi apotecari hanno forma ovoidale su stretto piede piano molto espanso. Il collo è breve e termina in una larga bocca con orlo estroflesso, l’ansa è piana a nastro dallo spessore marcato e scende brevemente per ricongiungersi al corpo nel punto di massima espansione, il corto beccuccio è a cannello cilindrico.

La decorazione interessa l'intera superficie del vaso con motivo a larghe foglie tripartite dal contorno irregolare e boccioli stilizzati. Sotto l’ansa si estende un largo cartiglio arricciato ed accartocciato ai lati che reca la dicitura: "D De Capari" (1) nel primo esemplare e “D. De Mastici” (2) nel secondo, delineati in lettere gotiche. L’orlo e il piede sono ornati da una sottile fascetta che contiene una fila continua di fogliette lanceolate stilizzate.

La ripetitività della decorazione a fogliame in monocromia turchina, come ornamento per vasi apotecari, è da tempo motivo di riflessione da parte degli studiosi per la determinazione certa della provenienza di questa tipologia apotecaria. Il repertorio decorativo fitomorfo a foglia bipartita in monocromia cobalto su fondo azzurrato, usato in prevalenza per corredi apotecari, è stato per molto tempo attribuito a più centri di produzione italiana tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII secolo.

I confronti con esemplari simili, ma dotati di manico desinente a ricciolo, sono numerosi, come ad esempio l'orciolo della collezione Bayer (3), di forma più panciuta, nel quale si legge un intento decorativo comunque simile. Il confronto invece con alcuni manufatti del Museo Artistico Industriale di Roma (4), e con le opere pubblicate da Mazzuccato (5), che hanno comportato l’assegnazione a botteghe romane di attribuzioni tradizionalmente considerate veneziane o faentine, non ci ha soddisfatto.

Riteniamo possibile invece anche un’eventuale attribuzione in ambito veneto, sostenuta dal confronto con i grandi piatti a fondo berettino con decoro fogliato, come ad esempio quello del Museo di Norimberga (6), nel quale il decoro mostra foglie bipartite in blu e azzurro e piccoli fruttini tondeggianti, che, seppur in uno stile più raffinato, ricordano molto l’ornato dei nostri vasi. Un piatto di minori dimensioni dello stesso museo, con solo decoro fogliato, sembra fornire inoltre un esempio stringente: lo stile più corrivo e soprattutto il bordo decorato con lo stesso motivo che compare sul collo e sul piede dei nostri vasi apotecari è spesso presente in opere venete, che hanno costituito un esempio per tutte le manifatture coeve. Infine però anche il confronto con opere faentine con decoro “a fogliami” del secolo XVI ci pare convincente (7), e forse più degli altri. La forma allungata dell’orciolo, il cannello rivolto verso l’alto decorato con foglia frastagliata alla base, ma soprattutto la forma del piede alta su base molto aggettante dal profilo arrotondato, molto vicino a quelle morfologie faentine, ci orientano verso questa attribuzione, sostenuta anche dal confronto con l’orciolo pubblicato in questo catalogo al lotto precedente (lotto 28). Il ductus pittorico del decoro, del cartiglio e del decoro minore, per quanto ispirato a esemplari veneti, trova valido riscontro in opere faentine, con le quali ci pare affine anche la qualità dello smalto berettino e del decoro “scuro”.

 

 

1 Il decotto di capperi (Capparis spinosa L. Capparidea), che in antichità si utilizzava come digestivo o diuretico e comunque come particolarmente “adatto alla durezza della milza”, era già noto agli Arabi, da cui il nome “kabar”. Tra i vari usi veniva usato anche per la tristezza o l’ipocondria;

2 Il Lentisco (Pistacia Lentiscus L. Anacardiacea) produce una resina che va sotto il nome di mastice (dal greco Mastikà). Il legno è astringente e fortificante e anche l’olio dei frutti è astringente. La resina è invece una delle gommo-resine più famose fin dalla più remota antichità: il Mastice dell’isola di Chio era infatti celebre nei mercati e nei traffici del mondo antico. Il mastice veniva masticato: astringente, anodino, fortificante e in grado di fermare il vomito;

3 BISCONTINI UGOLINI 1997, pag.126 n. 40;

4 BOJANI 2000, 99. 119-121 nn. 39-94;

5 MAZZUCCATO 1990, p. 84 n. 19;

6 GLASER 2000, pp. 231-233 n. 200;

7 RAVANELLI GUIDOTTI 1998, pp. 481-484.