Importanti Mobili, Arredi e Oggetti d'Arte, Porcellane e Maioliche

19 NOVEMBRE 2015

Importanti Mobili, Arredi e Oggetti d'Arte, Porcellane e Maioliche

Asta, 0075
FIRENZE
Palazzo Ramirez- Montalvo
Borgo degli Albizi, 26
ore 15.30
Esposizione
FIRENZE
13-16 Novembre 2015
orario 10 – 13 / 14 – 19 
Palazzo Ramirez-Montalvo 
Borgo degli Albizi, 26
info@pandolfini.it
 
 
 
Stima   500 € - 25000 €

Tutte le categorie

1 - 30  di 180
11

PIATTO, FAENZA, 1530-1540 CIRCA
in maiolica integralmente ricoperto da smalto “berettino”, profondo cavetto e larga tesa appena obliqua. Al centro della composizione spicca una figura femminile stante rivolta verso sinistra con un arco nella mano sinistra e una freccia nella destra, mentre una chiesa con campanile turrito è nella parte destra del paesaggio montuoso. Il cavetto è incorniciato da una sottile fascia decorata in bianco su fondo azzurrato. Sulla tesa si estende una decorazione “a grottesche monocrome” in una variante che prevede una disposizione simmetrica centrata, nei punti cardinali, da cariatidi alternate a mascheroni circondati da nastri sinuosi e delfini. Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di un simbolo con tre cerchi concentrici; tutt’intorno, fino all’orlo, è presente un motivo “alla porcellana” disposto simmetricamente, con fioretti a corolla continua e serpentine realizzati tutti in blu cobalto in una grafia rigida e con una disposizione simmetrica. Il piatto, proveniente dalla collezione Adda (B. Rackham, Islamic Pottery and Italian Maiolica. Illustrated Catalogue of a Private Collection, Londra 1959, p. 84 n. 310, tavv. 123a e 123b), fu poi venduto a Londra nel 1970 da Cyril Humphris; alt. cm 4,4, diam cm 29, diam. piede cm 9,3

 

Bibliografia di confronto

B. Rackham, Victoria and Albert Museum. Catalogue of Italian Maiolica, Londra 1940, inv. 1739-1855;

G.C. Bojani, C. Ravanelli Guidotti, A. Fanfani, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. La donazione Galeazzo Cora. Ceramiche dal Medioevo al XIX secolo, Milano 1985, p. 56 n. 106.

 

 

Stima   € 15.000 / 20.000
14

ALBARELLO, DERUTA, 1521-1534

in maiolica decorata in policromia, corpo cilindrico rastremato al centro, spalla pronunciata con profilo inclinato e stacco fortemente angolato. L’imboccatura è larga, poggiante su un collo basso, ha orlo tagliato a stecca dal profilo aggettante. Il piede è basso, a base piana con orlo tagliato a stecca. Il corpo ceramico color camoscio scuro è coperto di smalto bianco spesso anche all’interno del vaso. La decorazione mostra fasce parallele che dal collo listato in blu con una sottile decorazione a dente di lupo scendono formando sulla spalla un decoro a nastro continuo, alternato da tocchi di rosso ferro, cui fa seguito sul corpo una fascia dal caratteristico decoro a foglie lanceolate, una larga fascia che reca  al centro un medaglione che contiene l’emblema dell’Ordine di Malta, circondato dal rosario e compreso in un cartiglio dal fondo blu sul quale è ricavata a risparmio la scritta DIA IRIS.... in caratteri capitali. Intorno al medaglione e sul retro si sviluppa un motivo fitomorfo centrato da un cartiglio che contiene la parola AVE. Segue una ultima fascia a fogliette lanceolate e un decoro a sottili “S” che decorano il piede. Lo stemma rappresenta la croce latina, qui racchiusa in uno scudo in campo rosso contornata da un rosario: l’emblema delle Istituzioni del Sovrano Ordine di Malta. Per forma e caratteristiche decorative si ritiene che l’opera si possa inserire nella produzione di manifatture derutesi o di maestranze attive nella zona dell’Umbria e Alto Lazio dei primi decenni del secolo XVI, come ci porta a supporre la data ricavabile dall’emblema araldico presente sull’esemplare successivo; alt cm 25,4; diam bocca cm 10,5; diam. piede cm 11,5

 

 

Stima   € 6.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
15

ALBARELLO, DERUTA, 1521-1530

in maiolica decorata in policromia, corpo cilindrico rastremato al centro, spalla pronunciata con profilo inclinato e stacco fortemente angolato.  L’imboccatura è larga, poggiante su un collo basso, con orlo tagliato a stecca dal profilo aggettante. Il piede è basso, a base piana con orlo tagliato a stecca. Il corpo ceramico color camoscio scuro è coperto di smalto bianco spesso anche all’interno del vaso. La decorazione, coerente con quella dell’esemplare che precede mostra fasce parallele che dal collo, listato in blu con una sottile decorazione a dente di lupo, scendono formando sulla spalla un decoro a  catena continua centrata da tocchi di rosso ferro, cui fa seguito, sul corpo, una fascia dal caratteristico decoro a foglie lanceolate, una larga fascia che reca  al centro un medaglione che contiene l’emblema del gran maestro dell’ordine di Malta, circondato dal rosario e compreso in un cartiglio che reca la scritta farmaceutica “TRIACA FINA" in caratteri capitali. Intorno al medaglione e sul retro si sviluppa un motivo a girali fogliate arricchite da fioretti multipetalo color giallo arancio. Segue un'ultima fascia a fogliette lanceolate. Tradizionalmente attribuiti alle botteghe trapanesi, ci pare invece che per forma e caratteristiche decorative l’opera si possa inserire nella produzione di manifatture derutesi o di maestranze attive nella zona dell’Umbria e Alto Lazio. La datazione dell’opera deriva poi chiaramente dallo stemma, che fa riferimento a Villiers de L'Isle-Adam, Gran Maestro dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni e poi di Malta (1521-1534). Il suo nome è legato al momento in cui i Cavalieri Ospedalieri, messisi in salvo dopo l’assedio di Rodi a opera di Solimano il Magnifico, soggiornano brevemente a Viterbo prima e a Nizza poi, per trovare definitivo rifugio ad opera di Carlo V nell’arcipelago di Malta, ove rimarranno con vera indipendenza statuale fino al 1798, quando a seguito dell’editto di Napoleone non esisterà più un'entità territoriale statale dell'ordine; alt. cm 24,8; diam. bocca cm 11; diam. piede cm 11,3.

 

 

Stima   € 6.000 / 8.000
Aggiudicazione  Registrazione
24

GLOBO CELESTE, PROBABILMENTE VENEZIA, SECOLO XIX

in cartapesta ricoperto da gore di carta dipinta con orizzonte in legno ricoperto di carta; supporto in legno di tipo olandese a quattro colonne tornite riunite da traversa, alt. cm 110, diam. cm 90.

L’uso di rappresentare il cielo stellato su un globo, già presente tra le culture antiche quali quelle caldea, egiziana e greca e successivamente tornato in auge presso gli arabi, fu per molti secoli assente in Occidente, fino a quando, nel XVI secolo, i globi celesti iniziarono ad essere impiegati soprattutto come strumento di ausilio ai naviganti e per calcoli astronomici e astrologici. Dopo una fase iniziale in cui le carte venivano disegnate e colorate direttamente sul supporto sferico, nel Cinquecento si diffuse l’uso di attaccare sull’armatura del globo carte stampate, divise, per comodità e maggiore precisione, in fusi, sorta di spicchi che si dipartivano dai poli allargandosi fino alla linea dell’orizzonte.

Il globo qui presentato è probabilmente una copia del XIX secolo da un originale seicentesco realizzato da Willem Jansz Blaeu, che fu disegnatore ed editore di carte geografiche e globi. La cartografia del globo è ripresa da quelle originali di Blaeu, con le stelle posizionate in base alla loro magnitudine, sebbene le costellazioni siano dipinte anziché stampate, in modo molto definito alcune e più approssimative altre; l’orizzonte invece presenta le indicazioni calendariali come da prassi in questa tipologia di globi. Dei due cartigli presenti sul globo, il primo reca la descrizione della cartografia, seguita dalla dedica, dalla firma di Blaeu e dalla data Venezia MDCXXII; il secondo invece, di formato più piccolo, riporta la processione calendariale.

 

Stima   € 8.000 / 12.000
29
COPPIA DI VASI A VERSATOIO CON STEMMA DEMIDOFF, PARIGI, ULTIMO QUARTO DEL SECOLO XIX
in terracotta, rilievi alla barbotine e smalto piombifero. I due vasi hanno una foggia a versatoio di gusto neorinascimentale con un mascherone di satiro collocato sotto il versatoio e anse foggiate a forma di sirene. Il corpo è decorato da putti, animali e racemi fioriti a rilievo. Al centro sui due lati del corpo racchiusi in medaglioni circolari campeggia lo stemma della famiglia russa Demidoff: stemma formato da due lettere “D” capitali che s’incrociano trasversalmente, che si ritrova anche su un noto servito di vasellame Richard-Ginori della fine XIX secolo, espressamente eseguito per i Demidoff. Lo stesso blasone si riconosce pure in alcune foto antiche che ritraggono dei tendaggi appesi nei saloni della Villa Demidoff di San Donato. La villa fu eretta dal magnate russo Nicola Demidoff che tra il 1825 e il 1827 aveva rilevato  l’antico monastero di San Donato in Polverosa, ubicato fuori dalle mura medievali di Firenze e documentato dal 1154, ormai abbandonato a causa delle soppressioni napoleoniche degli istituti religiosi del 1810. L’architetto Giovan Battista Silvestri fu incaricato di realizzare sui resti del monastero una grande villa in stile neoclassico dotata di un ampio parco. In seguito Anatolio  Demidoff portò a termine la costruzione della suntuosa residenza, che fu arredata con opere di pregio. La successiva gestione di Paolo II Demidoff si ricorda soprattutto per la grandiosa asta delle raccolte d’arte della villa (1880), per la quale accorsero a San Donato nobili, collezionisti, antiquari ed emissari di musei internazionali, e per la vendita della residenza familiare nel 1881, prima di trasferirsi a Pratolino (dove ancora oggi è villa Demidoff). Per morfologia, materia e stile si pensa che i due vasi possano essere attribuiti alla manifattura di Thomas Victor Sergent, eccellente imitatore di Palissy attivo a Parigi tra il 1870 e il 1885, noto sia per le raffigurazioni naturalistiche sia per i pezzi di forma con personaggi, in particolare per l’uso di cariatidi nelle sue opere. Egli con Victor Barbizet (attivo tra il 1850 e il 1880) e George Pull (1810-1889 ) è tra i migliori rappresentanti della scuola di Parigi. I due grandi vasi provengono con grande probabilità dagli arredi dispersi della villa di san Donato e si pensa che possano essere stati prodotti attorno agli anni settanta dell’Ottocento, quando la villa era sotto la gestione di Anastasio Demidoff; alt. cm 61, largh. massima cm 31, diam. piede cm 17,5
Bibliografia di confronto:
C. Gendron, Les imitateurs de Bernard Palissy au XIXe siècle, in Albineana, Cahiers d'Aubigné, 4, 1992. Bernard Palissy (1510-1590). L’écrivain, le réformé, le céramiste, pp. 201-206;
M.P. Katz, R. Lehr, Palissy ware: nineteenth-century French ceramists from Avisseau to Renoleau‬, Londra 1996, p. 137 n. 167;
Bisogni F., Note su Nicola Demidoff e la villa di San Donato, in Tonini L. (a cura di), I Demidoff a Firenze e in Toscana, Firenze, 1996, p. 87 fig. 29;
M. Marini, Il monastero di San Donato in Polverosa (Firenze) fra Medioevo e Rinascimento. Fonti storiche ed archeologiche, “Atti e Memorie della Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria” (1997)”, LXII, Firenze 1998, pp. 87-127 

Stima   € 3.000 / 4.000
Aggiudicazione  Registrazione
1 - 30  di 180